Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene
quali formano la più compiuta storia di quel grande avvenimento, e specialmente delle calamità, che funestarono i suoi viaggi sino al i5oo, non fanno il minimo cenno della lue venerea, nè di altra, con cui possa confondersi.
Tra le infinite accuse portate da prima al trono dai Bovadilla, dagli Ovando, dai Roldano, dai Fon-seca contro lo scopritore del nuovo mondo, non si trova quella di aver introdotto in Ispagna il terribile flagello : eppure una imputazione di tanta importanza, e altronde già sparsa dall'Oviedo, se fosse stata fondata, ed accreditata, non sarebbe stata omessa dall' ingegno di quella invidia, che niente lasciò d'intentato per perdere il nostro eroe.
Signore, chi non valuterà un tanto silenzio?
Pietro Martire non già compagno di Colombo alle Indie, dove non è mai stato, con pace di Girtan-ner, ma bensì suo amico famigliare, della stessa nazione, e membro del consiglio delle Indie, nella opera, che prima di tutti scrisse espressamente su quella scoperta, opera tutta tratta dai dispacci, lettere e relazioni verbali di Colombo, e de' suoi compagni, non fa parola alcuna di lue venerea. Anzi il medesimo Martire in altra opera, cioè nelle Epistole,descrivendo i tormenti che affliggevano un suo amico attaccato appunto dalla malattia in discorso, egli la denomina col comun vocabolo di morbo gallico, e non Americano (14)-
Certo Niccolò Scillazio Messinese e professore di Pavia, che si trovava in Barcellona nel giugno
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