Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene
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presentarono i Greci, i Romani e gli Arabi, ma in maggior numero, e con mollo maggiore intelligenza. Ciò per mio avviso prova due verità importanti, perchè opposte alla comune credenza, cioè : I. Che i primi restauratori della medicina moderna non sie-no stati semplici copisti, e schiavi dell'Arabismo, ma osservatori originali : il che se non interessa il punto in questione, interessa però l'orgoglio nazionale degl'Italiani: e II che il mal venereo non già di lancio, ma grado grado andò facendosi comune a norma che si avvicinò alla fine del secolo XV, epoca della sua massima diffusione.
Costantino Africano, uno tra'primi della scuola salernitana, nella quale credo che abbia più imparato che insegnato, parla degli apostemi e delle ragadi all'ano, della stranguria prodotta o da verruca, o da qualsiasi escrescenza al canale orinario, del prurito, delle posteme, e delle pustole del membro e della vulva (io5).
Garioponto, alunno della stessa scuola, e suo contemporaneo, conobbe i condilomi e gli erpeti dell'ano: le ulcere maligne, immonde e fetide del pene, il fimo, ed il bubbone dell'anguinaglia (i06).
Nell'opera nota sotto il nome di Trotula si discorre a lungo sugli apostemi della matrice posteriori ed anteriori, avvertendoci che gli anteriori cagionano dolore intorno alla vulva, e quindi anche la stranguria. Descri vendoci poi la gonfiezza della verga , più precisamente vengono detagliate le ulcere sottoposte al prepuzio (107).
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