Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene
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Egli è indubitato, che la forma esantematica del morbo gallico dal 1620 lino a noi, siasi resa gradatamente e notabilmente più rara, sulla testimonianza uniforme di tutti gli scrittori. Non posso però persuadermi, che il principio virulento del morbo possa dirsi direttamente mitigato. Mi appello al tribunale di que' medici, a' quali tocca ogni di assistere ospedali civili e militari, perchè decidano, se que' sifilitici che per trascuranza, o per disordini a-vendo abbandonata a se stessa la infezione, soglia-no presentare deformità cutanee per niente inferiori a quelle che ci descrissero gli antichi ? Inoltre io provoco la testimonianza degli osservatori della lue di Moravia, di Scherlievo, di Falcade ec... a voler confessare se la fisonomia di questa non fosse nè meno schifosa, nè meno orribile di quella del secolo XV? Non dissimulo però, che questi casi sono assai più rari di allora: ma questa maggiore rarità deve a parer mio ripetersi da altre cause fuori di quella dell'intrinseca mitigazione di contagio. Ben altro che idee di mitigazione ci presentano gli o-spedali formicolanti di vittime ridotte alla tabe da ulceri depascenti, da dolori laceranti, da distruzione d' intieri organi al pari de' primi tempi. Nè può essere altrimenti; giacché tutti sanno, che riescono più micidiali gli effetti di un esantema rientrato, che quelli di un esantema sussistente. L'esantema venereo non si eccettua da siffatta legge generale; risultando dalla testimonianza de' primi scrittori, che la retrocessione del medesimo era cosa formidabile,
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Moravia Scherlievo Falcade
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