Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene
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Eraclide in Galeno, e Critone in Aezio fanno sapere che nella mentagra la pelle spesso si copriva di ulcere in molti luoghi, e che smanie violente tormentavano gl' infermi.
Sorano in Aureliano, Marcello Empirico, Ori-basio , e Paolo Egineta hanno pure parlato della mentagra.
Da quanto dissero questi, e tanti altri scrittori dell'antichità, può inferirsi, che la mentagra durò per molti secoli, ma che infuriò specialmente al tempo di Plinio; che fu malattia coirunissima, e contagiosa ; e che finalmente non fu parziale alla sola faccia, ma comune a qualsiasi punto del corpo.
Il Malmort, o Moorfea, accennato da tutti gli scrittori del medio evo colla loro solita confusione; descritto poi con qualche esattezza da Teodorico , Gordonio, Gaddesden, e Valesco ; e finalmente dettagliato con ogni precisione da De-Vigo, e da Paracelso, consisteva in pustole coperte di croste fisse, spaventose, secche, livide, nerastre, o violacee, della grandezza di un'unghia, e della figura di un lupino, che si manifestavano sull' estremità inferiori, coscie e gambe, talora anche sulle superiori, ovvero braccia. Tali pustole rodevano le parti sottoposte, e non tramandavano che poco o nessun u-more icoroso: sovente erano accompagnate da ardore mordente, e da prurito: per solito la parte affetta perdeva ogni sorta di senso al punto di poterla scarificare fino all'osso. Esse erano associate a
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