Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene
194
i/fg4 fi'10 al i55o sofferse tanta metamorfosi di ap' parenza, che quasi non era più riconoscibile dagli stessi osservatori contemporanei . E non abbiamo perfino tra i più illustri medici viventi chi sostiene, non essere la sifilide odierna quella stessa, che regnò sulla fine del secolo XV?(i64J.
Egli è innegabile, che il tempo, il clima, e le endemie debbano aver fatto tralignare gli effetti del contagio in discorso.
Nessuno ignora ciò che abbiamo più volte detto , che qualunque contagio è tanto più virulento quanto è più vicino alla sua origine: il vajuoloso, il morbillare, ^ petecchiale... sia nuovo, sia redivivo, al suo primo scoppiare sopra una popolazione spiega quella ferocia, che poi rallenta col tempo. II venereo adunque ne' climi caldi nativi, dove determina li suoi effetti alla pelle, trasportato ne' temperati o freddi, vi comparve altresì esantematico da principio, ma in seguito, e per la contraria azione della temperatura e per la diversa indole del tessuto cutaneo degli abitanti si ripercosse sulle parti interne, e sugli organi della generazione-Infatti abbiamo rimarcato appresso gli scrittori primitivi del morbo gallico , che ci fu dipinto come malattia cutanea con pochi attacchi de' pudendi , quando per lo contrario i successivi ce lo descrissero come un' affezione reumatica ed osteocopa ed artritica, con frequenti anzi costanti vizj delle parti segrete. La stessa metamorfosi venne osservata dagli Arabi, e meglio ancora dagli Arabisti riguardo
| |
Arabi Arabisti
|