Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
sCAPO III.
Dei Salutari — Fauno c Silvano — Ercole — Minerva — Giunone Lucina — Salute romana e pubblica — Dea Angizia, Febbre, Scabie, Carna, Melite — Numi speciali a taluni atti fisiologici.
I. È noto a quanti hanno investigato la storia antica che fino al quinto secolo dalla sua fondazione Roma ebbe una liturgia esclusivamente nazionale, e niun culto forestiero aveva contaminato fino allora le usanze e le pietose tradizioni. Ciò attestano tutti gli scrittori e in primo luogo i più rinomati, Dionisio e Livio. Cicerone nel suo libro delle leggi assicura che gli Iddii alie-nigeni non furono ammessi a culto pubblico se non previo il valere universo del popolo Romano. Romolo, il fondatore, accettò in siffatto modo alcuni numi Greci, ripudiando però con sommo accorgimento tutte le favole sconcie e troppo poetiche inventate di loro. Cosicliè ammise Saturno, Giove, Marte, Minerva, Mercurio, Apollo ed Ercole, dedicando anzi i primi templi sul Campidoglio a Giove Feretrio e a Giove Statore; ma consacrò per nume dei Romani il Dio Conso, ovvero del Consiglio, volendo indicare così che le nazioni traggono precipuamente dal senno la prosperità e la forza. Tazio, secondo Arnobio, consacrò a culto la Dea Cloacina. Pompilio divinizzò Quirino suo antecessore, il Dio Termine e la Fede. Ostilio eresse agli onori dell' ara il Pa-vore e il Pali re. Oltre le divinità suddette erano fra i Romani gli Dei Pico, Tiberino, Pilumno, Picunino, Larenzia, Flora ed altri antichissimi che, sconosciuti affatto ai Greci, furono in Roma sempre religiosamente adorati, ebbero temidi, are e sacerdoti.
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