Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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CAPO VI.
Cenni sulla malaria — Che ne pensassero Catone, Lucrezio e Ovidio — Opinioni di Marco Varrone — Ulteriori studii ed esperimenti di Vi-
truvio — Forme miasmatiche conosciute presso gli antichi — Pa-
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rallelo cogli studii moderni.
I. La malaria!... Questa parola serve ad indicare un quid ignoto atto a produrre una speciale malattia sulla cui essenza ed intima origine si sono fatti per lungo volgere di secoli non interrotti studii, che hanno dato luogo ad animate discussioni e a dottissime elucubrazioni. Siffatta malattia gravissima nella sua essenza risiede stazionaria ed endemica presso' noi in quel tratto di paese che partendo dai monti Laziali si distende in tutta la pianura che giace fra essi e il mare, e comprende nella sua cerchia anche la città di Roma.
Le persone che vivono in quei luoghi sono con la massima facilità assalite da febbri periodiche prodotte dalla malaria, ossia, per usare un linguaggio scientifico, da infezione del miasma palustre.
Imperocché, sebbene la natura di questo letale principio non sia stata ancora ben determinata, tuttavia dal complesso degli studii fatti in ogni epoca, sembra consistere nelle esalazioni putrescenti del suolo; ed estranee del tutto all'origine di esso non sieno le influenze cosmiche, il clima, i raggi solari, il corso delle stagioni, l'umidità, in specie quella prodotta da talune nebbie.
Gli effetti funesti della malaria sono ben palesi nelle campagne deserte dei dintorni di Roma, ove numerose sono le vittime per
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