Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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« morbi, (sic enim scribit Curius), spero te, diligentia adhibita, « etiam firmiorem fore. »
Lo stesso scrivea a un Marco Trebazio che chi soffriva di quartana dovea adoperare un ottimo fuoco, qui quartana laborabat* luculenlo camino utcnclum esse.
E con lo stesso mezzo consiglia Orazio (J) a non fare risparmio .di legna quando intensissimo freddo assalga il febbricitante.
Dissolve frigus, ligua super focumLarga reponens
Era chiamata la febbre anche querquera quasi che la vigorìa e altezza della medesima potesse equipararsi alla forza della querce, da cui deriva la parola; perchè quest'albero oltre d'essere grande e robusto, giunge talora a smisurata ampiezza.
Secondo Yerrio Fiacco un Aurelio Opilio ammetteva una febrem frigiclam cum liorrore trementem.
E il festivo Plauto nella Frivolaria dice:
is milii crat bilis, querquera tussisalludendo forse al colorito speciale giallastro che le febbri miasmatiche , se ostinate e gravi, danno alla pelle; colore che deriva dall' ipertrofia dei visceri e dall' indole stessa della cachessia da malaria. La stessa parola tosse; buttata forse a caso, non sembra pure fuori di luogo, e serve a provare come sia nella natura di siffatta malattia, se vi si aggiungono patemi, soverchia fatica, povera e cattiva nutrizione il predisporre alle lenti affezioni catarrali e alla tubercolosi polmonare eziandio. Ed altrove segnala il sintomo speciale della tinta subitterica, così comune negli infetti da miasma : is miJii crai bilis querquetatus.
Il satirico Caio Lucilio dicesi pure tormentato dalla febbre.
Labro iactans me ut febris querquera terreted altrove
Querquera consequitur febris, capitisque doloms.
(1) Okaz. — Lib. i. Ode
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