Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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Il sommo Virgilio W nello Georgiche, descrivendo maestrevolmente una epizoozia del bestiame pecorino ammette cinque sintomi speciali a siffatti animali allorquando vengono sorpresi da febbre e sono: ripararsi spesso alla molle ombra, carpire pigramente le erbe, seguire il gregge per ultimi, gittarsi esausti nel bel mezzo dei campi e ritirarsi a notte tardissima.
.....procul aut molli succedere saepius umbraVideris, aut summas earpentes ignavius lierbas, Extremamque sequi, aut medio procumbere campo Pascentem, et scrae solam decedere noeti.
E Svetonio W narra di un tale declamatore latino, nominato Marco Porcio Latróne, che si uccise nel tedio di una febbre quartana doppia: « M. Porcius Latro latinus declamator, taedio « duplicis quartanae seipsum interferii »
V. Il tema dunque della malaria in Roma fu certamente conosciuto e discusso dagli scrittori piů celebrati specialmente del-l'epoca repubblicana, e le vedute delle ricerche successive nelle epoche posteriori fino ai nostri giorni, non furono gran che differenti, sebbene quei sommi non potessero disporre dei mezzi fisici di investigazione.
Nč posso perciň convenire col chiarissimo Antonio Selmi, laddove dice; «la cagione delle malattie miasmatiche imputata ad «insetti da Varrone, potea aver qualche fondamento, se gli « antichi antecessori e contemporanei di quel dottissimo latino, « avessero riconosciuta l'esistenza degli esseri microscopici : ma « allora il microscopio era cosa perfettamente ignota, e le asserzioni dei seguaci di tale opinione si fondavano sopra una ipotesi « che poteasi trovare giusta o no, ma che non aveva base positiva ».
A me sembra che l'emesso parere dell'egregio chimico sia in molti punti da discutersi. Guai a noi se in medicina dovessimo
(1) Virgilio — Geňrgie a ; ili.
(2) Svetonii — Reliquiae Lipsiae; pag. 128. Tlieubncr, 1860.
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