Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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alto metri 0,50, largo 0,31, profondo 0,20, scoperto nell'anno 1870 0), presso l'aggere Tulliano sul monte della Giustizia al Viminale. Esso porta la seguente iscrizione:
silvano salvtari t. severinvs speratvsveteranvs a v g
coh vi pr consacravit mamertino et rvfo cos.
La quercia, simbolo della l'orza consacrata a Giove, di cui 'abbellitasi e prendeva nome il Celio, detto perciò anche Quer-quetulano, è indigena comunissima nei nostri paesi, come pure la quercia sempre verde detta anche elee, più prosperosa nei climi temperati che nei freddi. Per la virtù tonica astringente e ricostituente delle sue foglie e delle ghiande è usitatissima in medicina, (piando specialmente trattisi di malattie a lento corso, di tabi nervose e di anemie. Dal suo frutto polverizzato formasi anche un infuso nutriente in talune affezioni morbose da stimma o da rachitismo. La decozione di foglie di quercia era poi forse r unico se non il più antico rimedio in voga contro le febbri. Boschi di elei {Iticela) erano sull'Aventino e Vaticano.
Anche il bosso o busso buxum di Ennio, come pianta ornamentale era eonosciutissimo dagli antichi Romani. Plinio raccomanda specialmente il busso silvestre buxum sylvestre per la durata delle foglie, quantunque affermi essere il suo seme inviso a tutti gli animali « semen illius cunctis animantibus invisum ». 11 legno e la radice di detta pianta furono in altre epoche adoperati come promoventi sudore, e giovevoli in talune specie dii
reumatismi cronici.
(1) Notizie degli soavi di antichità; R. Accademia de' Lincei. Roma, settembre 1870.
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