Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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Questo pomerio post mitrum o post moenia non poteva essere dilatato che in casi specialissimi, e tale favore era ottenuto solamente da quei grandi capitani, come Siila, Cesare e altri reputati benemeriti della patria. Alcune pietre o segni terminali, chiamati cippi o steli dagli archeologi, ne designavano i confini, ed in quei limiti consacrati dagli auguri con rito speciale, si trovavano per l'appunto i boschi sacri, quasi antemurali e custodi della pubblica salute.
Or bene: molti ammettono e con ragione che l'imperatore Aureliano dovendo ad urgente difesa per le imminenti irruzioni dei barbari, provvedere alla sicurezza di Roma, non si contentò di dilatare il pomerio come fecero Siila, Cesare, Claudio, Nerone e Trajano, ma fece un nuovo e vasto recinto, inchiudendovi gli antichi e il pomerio; onde si ebbe quella cinta di mura che cominciata da lui e terminata, come vuoisi per molti, da Probo, forma presso a poco l'attuale linea delle mura della città. Vogliono gli igienisti e geologi che questo avvenimento giovevole sotto il punto di veduta strategico, abbia riportato grave danno alla salute pubblica, per l'impedimento allo scolo delle masse di acque urbane, e per la conseguente distruzione dei boschi che numerosi vi si contenevano. Così tolta l'antica salubrità, venne favorito lo sviluppo di quella malaria che vi si adagiò sovrana allora, e da secoli vi regna.
Ammesso questo fatto a me sembrerebbe opportuno che invece di cercare le cause della malaria tanto a distanza, si dovessero con opera non dillicile investigare dentro le attuali mura urbane. Le porte di San Paolo, San Sebastiano, San Lorenzo ad esempio, sono molto lontane dall' abitato, e nel loro pomerio più interno che esterno vi è il miasma. Ala dove oggi esiste all'epoca romana non vi esisteva sia per i sobborghi abitati ed estesi, sia per i boschi sacri di salubre e perenne vegetazione.
Non è fuor di luogo, in prova di quanto si è fin qui accennato, sulla cura grandissima avuta dai Romani delle selve sacre, soggiungere come si trovi scritto in varie lapidi (V un Collegio Silvano
(1) Hàgexbuchu — laseri]). Lat Selec.; 2407, 2380, 2400. Turici, 1828.
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