Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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rimanevano vittime del morbo. Ciò accadde specialmente nella pestilenza sotto Tarquinio Superbo e in quelle del 284 e 470 l1).
Tra i sintomi speciali emergeva altissima la febbre da produrre con molta probabilità, come avvenne nella pestilenza descrittaci da Diodoro Siculo, Ovidio e Lucrezio, quel processo di fenomeni reflessi al capo che si risolvevano in mania e furore. Gli altri sintomi o espressioni morbose erano tumori ghiandolari, antraci, parotiti, ecc. La durata della malattia non superava di consueto l'ottavo o nono giorno. Secondo Livio « qui incidebant, liaud facile « septimum diem superabant ». Diodoro Siculo, come abbiamo più sopra riferito, ammette la durata della malattia da cinque a sei giorni. Lucrezio t'2) eziandio stabilisce per termino di vita l'ottavo o nono giorno.
mOctavoquc fere candenti lumino Solis, Aut etiam nona reddebant lampade vitam.
E quando sopravvivevano gl'infermi, subivano lenta e dolorosa malattia di tabe da cui pochi guarivano, soccombendo i più quasi sempre. Kè sono dimenticate fra i sintomi, alcune speciali erazioni cutanee simili, secondo l'espressione di Lucrezio C3), allo zoster o fuoco sacro, malattia notissima classificata dai moderni fra le numerose degli erpeti.
.... omiie ruberò Corpus, ut est, per membra sacer cum dicitur ignisLa natura della lebbre da leggera diveniva rapidamente maligna, secondo l'espressione degli antichi; e fatta tale lasciava oscure ma profonde lesioni in tutto l'organismo.
Dalle cause e sintomi di siffatte malattie io ardisco emettere un'opinione, che non panni lungi dal vero. E che queste invece di febbri maligne epidemiche, come vollero alcuni, debbano essere considerate invasioni di tifo contagioso chiamato anche peste
(1) Dionisio — iv, 09.
(2) Lucrezio — Lib. vi.
(3) Lucrezio — Lib. vi.
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