Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto

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      altra inclemenza di cielo e di stagione, doveano di necessità tanti focolari infettivi diffondere il contagio. Ed invero la peste di Sicilia, secondo Diodoro, eruppe per Fagglomeramento di più migliaia di individui « quod plurima hominum millia eodem conlluxerant ».
      Per fare poi un giusto raffronto, noi troviamo nel tifo europeo dei nostri giorni allorquando ha scoppiato nei centri popolosi, negli accampamenti, nelle caserme, nelle carceri, nelle flotto, negli ospedali, laddove insomma esistono grandi agglomeramene di persone, quasi il medesimo quadro sintomatologico delle pestilenze romane.
      Dagli studii di Sydenham, Cullen, Chirac e Stoll nel passatosecolo e da quelli fatti nel principio del presente da Frank e
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      Hildebrand, ed ai nostri giorni da Niemeyer, AVirchov, Griesin-ger, Kirsch ed altri moltissimi che reputo ozioso Y annoverare, risulta come si assomigli assai, se non sia eguale del tutto alle pestilenze degli antichi, il tifo esantematico o petecchiale, o febris mctculosct, reputato eminentemente contagioso, per il virus esistente nell'atmosfera che circonda il malato. Si prenda la descrizione di Lucrezio e le molte di Livio e di altri e si vedrà come si assomiglino a meraviglia con i fenomeni più comuni della suddetta malattia. Quantunque nè Lucrezio nò altri pronuncino la parola Tucpo; che equivale a stupore, pure il primo invadere della febbre con abbattimento di forze generale ò espresso con molta chiarezza dal citato autoreAtqiie animi prorsum vireis totitis, et omne Languebat corpus. . . .
      Fra gli altri sintomi della gravissima malattia annovera ancora i sussulti tendinei.
      Singnltusque frequens noctem persaepe, diemque, Conripere adsidtie nervos et membra coactans, Dissolvebat eos, defessos ante fotigans.
      In manibus vero nervi thahier, et fremere artusDiodoro Siculo aggiunge « nervorum dolores et crurum gravedines. »


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Storia della medicina in Roma
Al tempo dei Re e della Repubblica
di Giuseppe Pinto
Tipografia Artero e Comp.
1879 pagine 434

   

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