Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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venturiero di rendersi arbitro della vita altrui, e di fare e disfare a suo talento purché sapesse dire due parole meglio degli altri: quisque Inter istos loqitentlo polleat.
Ed è stimmatizzando costoro che dimostra come fossero in pieno errore coloro che ammisero la necessità dei medici ; ed a confortare la sua asserzione cita l'esempio del popolo romano che per oltre 000 anni seppe fare a meno dei medesimi, quantunque costituito di migliaia di persone « ceu vero non millia
»
« gentium sine medicis ».
Quale popolo se non ebbe però fino allora merlici greci (notisicome dal principio del capitolo, Plinio abbia parlato sempre dei »
medici di nazione greca e dei loro seguaci) non mancò de'pròpri, avendo sempre mostrato desiderio grande di apparare la medicina sopra le altre arti « medichine vero etiam avidus » finché ebbe a riprovare di fatto quella che esperimentò « donec expertam « dam.navit ».
E che i Romani avessero giustamente condannata questa medicina, dopo averne latto esperimento, Plinio lo dimostra dalle conseguenze che trasse seco la venuta in Roma del medico greco Arcagato figlio di Lisania, il quale, protetto forse da qualche autorevole Romano affezionato alle cose greche, potò avere in Roma, ove stabilì il suo domicilio, onori, diritto di cittadinanza e mantenimento a pubbliche spese. Sembra pure che si fosse spacciato specialista nella cura delle ferite, destando ovunque grande ammirazione per novità di metodo. Onde in Roma avrà raccolto larga messe di frutti poiché le continue guerre e specialmente quella fieramente combattuta per tanti anni contro Annibale doveano avere popolato di feriti la città medesima. Sembra però dal racconto di Cassio Emina, citato da Plinio, che questo venturiero e i seguaci che deve certo averne avuti moltissimi, cadessero presto in disprezzo ed esecrazione, giacché Arcagato tagliava e bruciava senza pietà. Allora il soprannome' di Vulnerarius gli venne cambiato in quello poco onorifico di carnifex, e ne segui avversione grande non solo contro il capo scuola, ma contro tutti i suoi adepti esercenti queir arte « in toedium artem, omnesque medicos ».
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