Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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colassero le antiche istituzioni che aveano resi celebri i Romani, dietro domanda del pretore Marco Pomponio, nel 593 sotto i consoli Cajo Fannio Strabone e Marco Valerio Mossala, emanò un decreto con cui fu stabilita l'espulsione dalla città dei Filosofi e Retori: « Uti Marcus Pomponius Praetor aniinadverteret curaretque, ut ei e repubblica fideque suae videretur Romae ne « essent ». Era mente dei Padri con tale risoluzione far comprendere alla cittadinanza che tolte le consuetudini dei maggiori e volti gli animi allo studio delle lettere, ne provenisse pericolo e danno alla Repubblica.
Tale decreto non ottenne l'effetto desiderato, e sarebbe stato osservato in altri tempi, diversi da quelli che correvano. Cacciati da Roma e dispersi per l'Italia i Retori e i Filosofi trovarono comodo rifugio nelle case dei Primati. Si citano fra atyri P. Scipione Africano, Lucio Lelio e Lucio Furio con tale frase magnificati da Cicerone (]) « quibus non tulit civitas aut gloria clariores, « aut auctoritate graviores, aut humanitate politiores » i quali affidarono ad istitutori e maestri greci l'educazione dei loro figli ; e, ridendosi dell'editto senatorio, non cessarono di accompagnarsi anche in pubblico con quei Greci che avevano lama di dotti e scienziati.
Sei anni dopo (509) venne in Roma una ambasceria ateniese per impetrare la remissione di una multa pecuniaria imposta dal Senato P) in pena della devastazione di Oropo. Membri di tale legazione erano tre famosi iilosofi Diogene Stoico, Cameade Accademico, Critolao Peripatetico, i quali furono dai nobili avidamente ricercati e ascoltati l3), e Cameade tenne pubbliche conferenze di filosofìa alla gioventù che accorreva numerosissima ad udirlo. Catone già vecchio, inflessibile sempre, si portò in Senato e adoperò tutta la sua influenza ; erchè fossero immediatamente, secondo il decreto in vigore, espulsi i legati e tutti i
(1) Cicerone — De Oratore ; ii, 37.
(2) Gellio — Macrobio — Pausama.
(3) Cicerone — De Oratore; ii, 37. tuscul — Quaest.; iv, 3.
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