Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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ma erano visitati nelle loro dimore, combattendo l'idea della collera divina sulla influenza delle malattie che attribuiva veramente ad alterazioni morbose dell' umano organismo. Di più tolse, per quanto fu possibile, le forinole magiche e gì' incantesimi, introducendo una tal qual regola per designare il numero e i periodi delle malattie, stabilendo per il primo la dottrina di quei giorni critici, che rese in seguito cosi celebre Ippocrate. Egli e i suoi seguaci, fautori dell'idroterapia, usavano bagni freddi; desinavano fraternamente innanzi al tramonto bevendo vino, mangiando carne ed erbe cotte; mantenevano nella vita, nel vestire e nell'alimentazione tal rigoroso sistema che, seguito dai Romani nelle leggi suntuarie o cibarie, sali presto a grande rinomanza 0).
La storia ci ha tramandato che Pitagora viaggiò moltissimo in Egitto, Fenicia, Asia Minore, e, p< nendo dimora in Italia, non è improbabile clic siasi recato anche in Roma ove il mode to Re Ruma Pompilio avea introdotto ottime leggi, imitato poi nel bell'esempio dai successivi re che avevano continuato lodevolmente la sua opera. E questa affermazione appare tanto più logica se si riflette che la civiltà etnisca cosi immedesimata nelle primitive costituzioni romane era antichissima e fiorente nel centro d'Italia e precedette quella delle città della Magna Grecia rese famose per le legislazioni di Zaleuco, Cannula e Pitagora. Se i Pitagorici furono partigiani dell'idroterapia, gli Etruschi con la scoperta ed il grande uso delle acque minerali, in cui trovasi naturalmente tanta virtù medicinale, aveano lungo tempo innanzi formato un sistema di medicina contrario all'uso dei semplici tratti dal solo regno vegetale. Tale sistema con ogni probabilità sarà venuto a cognizione del Samio legislatore, da lui studiato e sperimentato prima di farne cardine di nuove teorie mediche. A prova di ciò è opportuno rammentare che Cicerone (2) chiamò Pitagora augure e divinatoret nè tale potea egli essere se non avesse dimorato nelle sue lunghe peregrina-
fi) Gellio — iv.
(2) Cicero — De Divinatane; Lib. iu
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