Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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Marco Manilio 0) poeta latino eli cui ignorasi la patria, ris-suto sul finire dell'impero di Augusto, parlando sullo stesso argomento, lasciò scritti questi versi:
Qualis Erecthcos pestis populata colonos Extulit antiquas per funera pacis Athenas Alter in alterius labens cum fata reccbat Nec locus artis erat mcdiccie, nec vota valebaut.
Vili. È fuor di dubbio da (pianto si è esposto che medici vi furono e che adoprarono rimedii in occasione delle pestilenze anche innanzi la venuta del greco Arcagato. Seguendo sempre la storia noi sappiamo che oltre le legazioni all'estero di Servio Tullio e dell'ultimo Re Tarquinio e quella capitanata da Spurio Postumio e promossa dal Tribuno Tito Romilio nel 353 di Roma, noli'intento di studiare le legai in Grecia: altra ve ne fu che si occupò esclusivamente della medicina.
Imperversando nel 451 un atroce morbo epidemico, sembra che i Romani, non avendo più mozzi da opporvi, sbigottiti, inviassero perciò quella ambasceria di cittadini al tempio di Esculapio in Epidauro, apparentemente per interrogare l'oracolo,come dicevano i Pontefici, ma veramente per apprendere quanto di meglio avesse la Grecia in cognizioni mediche, e adottarle con quello spirito di eclettismo che tanto distinse i Romani nella politica assimilazione. Ciò avvenne nella sedicesima pestilenza in ordine cronologico. E ragion vuole che innanzi di quell'epoca si fossero trovati sufficienti rimedii nelle igieniche tradizioni etrusco-latine delle prime epoche, apprestati dai medici, la cui esistenza è dimostrata dai citati documenti che crediamo incontrovertibili. Quinto Ogulnio capitanò la legazione composta di dieci legati che tornarono in Roma col serpente, emblema del Nume. Il serpente fuggito si acquattò nell' isola Tiberina ed allora cessarono le vittime e tornò fiorente la salute pubblica.
Spogliando del mito un tale avvenimento, sarà facile comprendere, che quella creduta grazia soprannaturale e celeste, doveva
(1) Manilio
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