Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
Dal fin qui esposto chiaro apparisce che la medicina scosso il giogo dei sacerdoti, che Y esercitavano con ingorda impostura e mistero di bugiardo oracolo, aveva già levato volo sublime nelle aure più pure della filosofia. Pitagora aveva fecondato i germidell'arte nobilissima, l'avea alleata alle prime cognizioni lìsiolo-
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giche, ed aveva ne'suoi o^curissimi tempi creato quanto di meglio si poteva, relativamente all'igiene e alla terapia. Ippocrate anziché raccogliere le tradizioni degli Asclepiadi suoi antenati, seguì i precetti di Pitagora appresi dai suoi maestri Gorgia di Sicilia, Erodico e Democrito. Egli fu l'autore della teoria umorale, ed ebbe il merito di staccare la medicina dalla filosofìa universale di cui a suoi tempi era considerata parte essenziale, formandone una scienza affatto separata. Seguirono Erofilo ed Erasistrato, che posero per base degli studii medici, l'anatomia. Il primo di essi neiresame del cervello, descrivendo il plesso coroideo, il calamo scrittorio e il torculare, ovvero il quarto seno della dura madre, scosse alquanto il sistema ippocratico, esercitando l'empirismo, ma assai razionalmente in base della grande riforma degli studii anatomici. Poi successero i dominatici, che pur seguendo Platone, si discostarono alquanto dal sistema umorale, in seguito formalmente combattuto da Asclepiade. E mentre tutti più o meno riconoscevano nella scuola Alessandrina il faro dell'arte e scienza medica di quei tempi, le varie scuole agitavano continuamente come fiotti in procella, l'universa medicina nell' Asia e nella Grecia.
VI. Intanto i Romani nel colmo di loro gloria e potenza non si erano in medicina allontanati dal metodo praticato dai loro maggiori, nè dai precetti catoniani. In quel tempo Tito Lucrezio Caro, poeta inferiore soltanto a Virgilio, ridusse in bellissimi versicon nuova forma, e concetto eminentemente poetico lo studio della fìsica o della natura delle cose, seguendo le teorie di Epicuro, ma non le intemperanze de'suoi seguaci. Egli trattò delle erbe amare più particolarmente adoperate in medicina; degli influssi venefìci o miasmogeni di alcune piante arboree ; della solidità dei corpi ; della vita fisica dell' uomo, della fisiologia della
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