Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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Lucrezio criticò vivamente Eraclito, Anassagora, Empedocle; mostrossi nemico agli Stoici e agli Accademici; e vestendo i suoi profondi pensieri di un carattere libero e senza legami di sorta, come aveva già fatto Catone, Varrone e Cicerone, irrise agli Aruspici specialmente a quelli che in luogo di attribuire la essenza del fulmine ad un fenomeno puramente fisico, lo attribuivano alla volontà di Giove. Dice quindi doversi ritenere originato dalla natura il grande fenomeno, ed essere cosa ridicola e infruttuosa cercare nei carmi degli aruspici etruschi i segni dell'occulto volere dei Numi.
Non Tyrrhena retro volventem carmina frustra Indicia occulta Divom perquirere mentis Uncle volans ignis pervenerit aut in utram se Vorterit liic partim (l).......
Vili. Fin qui Lucrezio e Cicerone. Però non furono eglino soli a trattare tra i Latini di fisiologia. Entro i limiti sempre della epoca storica da noi prefissa, altri autori di non minore rinomanza dei suddetti hanno più volte parlato di cose riferentesi a tale argomento.
Cajo Lucilio descrive anatomicamente la posizione del ventricolo:
Haeret ventriculis adfixum in posteriore parte Atque articulis, ut novis talus, genusque est.
non che quel fenomeno di cattiva digestione detto apepsia.
Anelivi quem febris una, atque una az^-irty. Vini inquam hiatus unus potuit tollere.
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Catone come già vedemmo parlò nel suo trattato della dispepsia; e qualificandola disordine abbastanza serio della funzione digestiva, cercò di applicarvi a rimedio alcune formolo medicamentose, in ispecie un infuso di radice di finocchio in una data quantità di vino vecchio, adoperato come tonico e ricostituente.
(1) Lucrezio — Lib. vi, vers. 380, 384.
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