Storia della medicina in Roma di Giuseppe Pinto
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citando medicina, creò in Roma una scuola mista di metodismo ed empirismo. Quantunque greco di nascita, si attenne moltissimo alla medicina romana, non mostrandosi affatto seguace dei Greci suoi connazionali, come ne fa fede un suo trattato, a noi rimasto, sulle malattie croniche. Fece poi notare che i Greci chiamano epitesi e dialimma ciò che i Latini appellano col vocabolo di superpo-sizione e alleviamento, ovvero demissione e declinazione della malattia. « Quot sunt tempora aegritudinum chronicarum ? Duo « quae Graeci epithesin et dialimma appellant; quod a nobis superpositio et lenimentum vel demissio aut declinatio dicitur ».
IV. Che la vera scienza patologica fosse già stata introdotta in Roma abbattendo le antiche superstizioni, ne abbiamo testimonianza in Cicerone, quando nel libro De Dioinatione 0), chiede perchè invece di ricorrere air interprete dei sogni, come nei tempi di Escnlapio e Serapide, non si ricorra più ragionevolmente al medico ? E non sa veramente comprendere come le due divinità summentovate possano apprestare le cure per mezzo dei sogni « quid convenit aegros a coniectore, somniorurn potiusquam a medico potere medicinam. An Aesculapius, an Serapis potest praescribere per somnium curationem valetudinis? »
L'impostura di questi consigli misteriosi è maggiormente svelata da Plinio. Le tavole votive, appese alle pareti dei sacri templi <2), non erano dagli infermi adoperate tanto per cieca fiducia ai consigli dei Numi, che si pretendeva apparissero in sogno, quanto per acquistare la grazia delle schiere degli Ascle-• piadi che dimoravano nei templi stessi, e pretendevano persino che venissero scolpite nelle colonne le particolarità delle malattie più oscure « Eteniin fidis veterani monumentimi accepimus abgros in Aesculapii fano non tantum in Divi Sospitatoris honorem sed in Asclepiadarum quoque gratiam sua nomina parietibus afiìxisse, insculpsisse etiam columnis iuxtaqu© « addidisse mali speciem etiam secretiori ».
(1) Cicero — De Divinatione; Lib. il.
(2) Tomassini — De clonariis; Cap. xxxv, apud Graevium.
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