Storia moderna della Sardegna di Giuseppe Manno
parte prima. — libro primo.
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strale solamente dalle vittorie riportale centro agl'isolani sempre ribellantisi al dominio romano, è giusto, dico, che ci siamo soffermati alquanto a considerare, come, più che la forza delle arme, sia mezzo di rendere costante e sincera la sommessione dei popoli la giustizia e l'onestà dei governanti.
L'avvenimento da notarsi come il più importante, accaduto nella Sardegna fra la pretura di Catone e lo scoppio delle guerre civili romane, si è la ribellione dei popoli iliesi. Cosi chiamavansi gli abitatori delle più aspre montagne dell'isola, conosciute oggidì col nome di Barbogie; e dicevansi eglino Iliesi, perché, come sopra si accennò, si stimavano discendenti di una colonia iliese ossia troiana, lasciatavi da Enea nella sua venuta in Italia. Questi, fosse orgoglio, fosse amore di libertà, non avevano mai voluto sottoporre il capo alla signoria romana, benché l'isola tutta oramai obbedisse ad essi. Associatisi adunque con un'altra schiatta di popoli sardi nominati Balari, levarono alto lo stendardo dell'insurrezione, e tanto timore desiarono in Roma, che il Senato ebbe a decretare passasse colà il console Tiberio Sempronio Gracco [a. di R. 575] con due legioni e con dodicimila ausiliari. Il Consolo in parecchie giornate debellò i sollevati, e nel suo trionfo in Roma tanta fu la quantità di schiavi che egli si trasse dietro, che ebbe da ciò principio un proverbio durato lungo tempo in Roma : Sardi da vendere. Proverbio che indicava la gran difficoltà provatasi nel venderli; di guisa che il banditore ebbe per più giorni a gridare in pubblico mercato in quella guisa. La qual cosa, provenuta da che i compratori poco accomodavansi di quegli schiavi d'indole non pieghevole a servitù, fu dappoi convertita in ingiuria da chi non ponea mente che non sfregio ma lode si racchiudeva in quel motto.
Poco tempo dappoi la storia sarda ci da un nuovo esempio di singolare continenza e di buon governo delle cose pubbliche nel giovane Caio Gracco [a. di R. 625]: quello stesso che mori quindi miseramente in Roma, nelle acerbe contese fra la plebe ed i patrizi. Tornò così gradita ai Sardi la sua questura, che quelle cose stesse che col comando e con la forza non eransi potute conseguire, le ottenne egli col solo aiuto dell' affezione per lui sentita dagl' isolani. Onde, ritornato Caio in Roma, tenueStoria di Sardegna. -
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