Storia moderna della Sardegna di Giuseppe Manno
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STORIA DI SARDEGNA. tquella che mostravasi meglio col travagliare i rivali, che con 1' assoggettare i popoli. Ed in vero se si pon mente alla natura della signoria pisana e genovese in Sardegna, ben lievi s'incontrano le tracce di queir autorità con cui le nazioni più possenti o più fortunate reggono i destini delle terre conquistate. Non colonie popolose, che, rammentando ai vicini la potenza, il nome e la lingua dell'antica patria, inspirassero sicurtà in coloro che volevano stare in fede, e timore negl' incostanti. Non magistrati, che, inviati periodicamente dalla metropoli, mostrassero col frequente loro scambio di essere solamente investiti d'una autorità delegata, e ad un tempo mantenessero vivo nei sudditi 1' abito della dipendenza, nei dominatori il bisogno della vigilanza. Non leggi imposte alle province suggette ; per le quali, se non il potere sulle persone, riserbata comparisse almeno la facoltà di regolare i loro diritti. In luogo di ciò noi troviamo continuato, come nei tempi anteriori alla conquista, il comando a vita dei giudici. Anzi troviamo essersi richiesta per l'innalzamento di tali giudici una speciale elezione, che con-fermavasi poscia le tante volte dalla Sede Apostolica. La qual cosa male si accomoda coli' autorità delle due repubbliche ; la cui bisogna pare perciò si riducesse propriamente a spedire alla volta dell'isola alcune galee e soldatesche, che contenessero nella fede i giudici inclinanti a diversi pensieri ; a profittare delle felici vicende di tali spedizioni per allontanare dal comando le persone male affette ; a giovarsi di quei vantaggi che il commercio loro dava. Ed a questo profitto teneano specialmente la mira i Comuni di Pisa e di Genova nelle varie convenzioni fermate coi regoli sardi; dove non altre condizioni si leggono, che di profitti nel traffico, di politiche alleanze, o di personali liberalità dei giudici. Anzi vi si trovano le concessioni fatte dai giudici d'immunità di quei Comuni dai dazi delle province sarde. La qual cosa male confassi certamente ai diritti di un popolo dominatore, parendo poco adatto, che da chi comanda si accettino i privilegi, si soscrivano le concessioni da chi obbedisce.
Il potere vero pertanto, quello che presente sentivasi dai popoli, era il potere dei giudici. Ma non perciò più stabile dovea riconoscersi nelle loro mani l'autorità del governo: chò allaDigitized by
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