Storia moderna della Sardegna di Giuseppe Manno
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STORIA 01 SARDEGNA.
era d'uopo, perchè la riforma necessaria ne'maggiori studi fosse agevolata da quella non meno urgente delle scuole minori. Queste scuole, governate allora nel modo stesso di cui diedi già cenno altra volta, erano un vero suggetto di compassione per chi conosceva che alla numerosa gioventù stipata colà entro, nè mancava la chiarezza dell' intelletto, nè la vivezza dell' immaginazione. Pochi libri elementari, ed alcuni di questi imperfetti: non aiuto di lessici; non il menomo conforto d'esempi tratti dagli scrittori classici; le orazioni stesse di Cicerone ignorate. E dove falliva la materia dell' ammaestramento, sopravanzava la barbarie de'modi: vale a dire la crudezza delle punizioni; e l'inumano costume del porre premio ai cimenti letterari de'fanciulli, non la gloria del saper meglio, ma il brutale sfogo di gastigare di propria mano il vinto. Semi questi di ferocia e di vendetta gittati in quei giovani petti, a luogo delle idee d'umanità e di mansuetudine che avrebbero dovuto recare nella civil società. Non si tosto perciò si ebbe piena contezza di questa strana maniera d' ammaestrare la gioventù, che ogni mezzo si pose in opera per arrestarne il danno [1760]. E con una grave lettera del re, mezza riprensioni sopra li pessimi metodi, mezza ragioni da persuadere la necessaria riforma, svegliavasi l'attenzione de'reggitori di que'collegi, acciò che stessero provveduti al riceverò ed all'eseguire le novelle instituzioni, che già si apprestavano pel governo della scolaresca. Stanziavansi quindi tali regole, e le principali ordinazioni contenutevi erano quest'esse: fosse vietato senza riserva nello scrivere e nel dire l'uso della favella castigliana; il quale, a malgrado de'quarant'anni d'un dominio italiano, era si fattamente abbarbicato nel cuore degli anziani maestri di lettere, che non vi era ancora morto il desiderio di vederlo durevolmente confermato: i precettori delle scuole dovessero, prima d'ammaestrare altrui,dar buona prova di se stessi in un esame: fossero le classi meglio divise: i libri si scegliessero più acconci all' instruzione ed alla curiosità degli scolari: rimanessero perpetuamente abolite quelle chiamate e tenzoni scolastiche; e condannate del pari quelle aspre e villane correzioni. Ed in ognuno di questi articoli discendendo il ministro a parlicolareggiare, decretava le norme dell'insegnare con sì ampio spartimento, che non senza senti-
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Cicerone
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