Storia moderna della Sardegna di Giuseppe Manno
290 STORIA DI SARDEGNA. [4794]pienamente legale l'elezione fatta del Flores, vecchio ed onorato magistrato irragionevolmente obbliato in quelle proposte. Ciò quanto alla legalità. Le ragioni poi di convenienza erano state di contrapporre alla parte già corrotta del magistrato per l'ostilità di Angioi e la fiacchezza di Tiragallo e di Cocco, tre personaggi di libera e sana opinione, i quali potessero ridonare al Governo il vigore che giornalmente gli si scemava. Ma i partigiani avversi, i quali avvisarono di primo tratto dove mirassero quelle scelte, riconobbero ancora che il momento era decisivo per fondarsi nel potere o per esserne balzati. Quindi conventicole arcane nelle case dei capi del partito ; e discussioni a piena luce negli Stamenti : e mormorazioni pure palesi in quello che chiamavasi popolo, ed era quella parte di congiurati che incapace a parlare riserbavasi a schiamazzare.
Fu fatalità pel Governo che un appicco di ragionamento legale restasse agli insorgenti, perchè veramente la mescolanza delle proposte fra una classe e l'altra era cosa a farei, se le proposte avessero avnto riguardo ad amendue. Era anzi Dell' arbitrio del re, udite le terne, scerre anche fuori di esse chi più gli aggradiva. Ma la terna per la classe civile non erasi fatta in quell'avvicendamento di tante proposizioni. Allegavano perciò, essersi nominati i novelli giudici senza prima udire quello che dei candidati per quegli offici fosse per opinare il magistrato. Potea esservi buon ragionamento in questa obbiezione, non eravi al certo buona fede ; poiché, se le scelte avessero accennato ad altra tendenza, nissuno avrebbe posto mente a sottigliare in quella maniera nell' argomento delle terne.
Presentata al viceré dagli Stamenti una memoria acciò che sospendesse di dar eseguimento a quelle patenti, egli volgeasi al magistrato per averne consulta. Prima di far ciò, aveane conferito col generale, il quale, sapendo già a che sarebbe per riuscire la consulta, non seppe tenersi dal dirgli che invidiava veramente quella mite e temperata sua indole, anche nelle cose buone a far rinnegare la pazienza la più esercitata. Facesse pure il viceré quello che meglio pareagli. In quanto a me, soggiungeva, io avrei risposto a quei signori degli Stamenti, che il mestiere di viceré non è già di trasgredire, ma di far puntualmente eseguire gli ordini sovrani. Ciò non moveva punto il
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