Storia moderna della Sardegna di Giuseppe Manno
[1795] PARTE SECONDA. — LIBRO QUARTO. j 309
za; onde la storia dee segnarla di triste nota, e riferire quelle perfide opere a chi le fece ed a chi le permise.
Un istante solo ebbe il viceré il coraggio del dover suo, e si fu quando il generale traevasi già dalla moltitudine fuori del suo palazzo. Gli soccorse allora che potea la sua voce dargli salvezza; e presentatosi al balcone gridava alla folla, salvassero la vita al generale, rispettassero la croce che gli pendeva nel petto. Era voce pietosa, ma pel generale era forse umiliazione novella il non avere nell'opinione del viceré altra salvaguardia della vita che una divisa cavalleresca; per la moltitudine era parola perduta, giacché se non rispettavasi l'uomo e il generale delle armi del re, non sarebbèsi certamente rispettato il cavalieredi San Maurizio. Se non che la misura del terrore era stala cosi colma in quel giorno, ch'eravi rischio non traboccasse a danno di chi avea tanto osato. Onde da qualcuno dei congiurati si dié cenno a quella turba che soprastessero per allora, e il generale fu cosi condotto da essi a luogo di sicurezza nelle carceri vescovili.1
Era appena custodito colà, che Sisternes e il cavaliere Matteo Simon, fratello dell'abate di Salvenero e del deputato di Torino, con altri membri degli Stamenti, passavano alla casa di lui per metter mano nelle sue scritture; le quali raccolte in fascio si presentarono al viceré, coll'intento che la disamina di esse darebbe luogo a chiarire le fellonie al generale attribuite. E la giornata chiusa in tal modo era finalmente («stata in casa dell'Angioi, dove il Delorenzo avea già ricevuto tutti i soccorsi pel danno avuto da lui nell'abbracciamento del Pitzolo: dove erano poscia concorsi a ristorarsi delle lorq opere sanguinarie i suoi sgherri ; e dove osarono pure sedere a Convitò i capi più spettabili della congiura. L'uccidere potea essere stato frenesia; il banchettare era immanità.
L'odio, come si vede, era tale da non.lasciar credere che
1 Da carte autentiche e pressoché officiali, serbate negli archivi di corte e nella segreteria del Supremo Consiglio di Sardegna, io aveva tratto questi ragguagli della presentazione dell'arrestato generale La Planargia al viceré, allorché pubblicai la prima edizione di questa Storia. Pure, notizie pervenutemi dappoi, per narrazioni ottenute da persone partecipanti ai fatti di quella giornata, danno risoluta mentita a questo fatto. E dover mio di lasciarne qui nota.
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