Storia moderna della Sardegna di Giuseppe Manno
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il pensiero dell' e sterminio del generale fosse abbandonato. Ma cauti e riguardosi dopo il primo disfogamento, speravano i congiurati che sorgerebbero novelle ragioni d'inasprimento contro di lui, per le quali non cosi a loro consiglio come a tristezza di altri accidenti fosse da riferirsi qualunque tentativo di offendere la sua persona. Appena perciò si presero in disamina le carte sequestrale, propagavasi già la voce di progetti sanguinaci e feroci discoperti in quelle carte. Era niente meno che demolire i sobborghi della capitale ;o conficcare in sur un'asta le teste del Cocco, dell'Angioi, del Musso ; o mozzarle a cinquanta dei più spettabili cittadini, fra i quali a bello studio citavansi personaggi rispettati dal popolo per dottrina e per pietà ; o chiamare alla capitale i miliziani più arrabbiati, che scorressero la terra abbottinandovi ogni bene; o diventare il generale viceré, e trasferire la sedia del governo in Sassari, e Cagliari suddita e punita.
Intanto lasciavasi libero l'accesso a chi volea fargli villania. Custode di lui era diventato quel parrucchiere dell'Angioi che primiero avea levato la mano di omicida contro al Pitzolo. Dicesi che costui abbia anche tentato di abbreviargli i giorni avvelenandolo. Il certo si è che gli si logorava la vita in quelle contumelie, e per le privazioni alle quali il voleano assoggettato. Ma quella custodia non parea sicura ai suoi nimici, i quali temeano sempre non gli si agevolasse* la fuga. Sebbene aves-* s'egli ricusatoi partiti offertigli,rispondendo con molta nobiltà d'animo, darebbe la fuga argomento a discreditarlo; l'innocenza sua sarebbe un giorno conosciuta da lui e dalla nazione, forse anche fuori di essa; e se gli toccava a morire, oramai la vita sua era allo' scorcio per la grave età e pei patimenti tollerati. Temeano anche di più che il re lo richiamasse in terraferma, e colà la libera sua voce togliesse il panno d'in su gli occhi a tutti coloro che per gli spacci artifiziati del viceré co-nosceano solamente gl'improbi fatti, non le cagioni da cui mo-veano. Studiarono adunque di trasferirlo a stanza più guardata nella torre detta dell'Elefante, e di trasferirvelo nell'ora più chela della notte. Pensavano che in quel tragitto notturno, se ad alcuno dei nemici di lui fosse venuto in pensiero di agguatarlo, l'uccisore sarebbe restato più facilmente ascoso; ebe in
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