Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisč
capitolo primo- [37
ciava un discorso alla presenza del popolo sulla pubblica piazza ; poi giurava di osservar le leggi e di cessar d'officio spirato l'anno. Doveva il podestą render ragione coi suoi giudici o assessori, far giustizia, infligger pene pecuniarie e corporali, eseguir gli ordini del comune e condurre gli eserciti ; alcuni armati, forestieri anch' essi e condotti da lui, stavano a guardia della sua persona, e conferivano a crescergli onore e rispetto. Non poteva aver moglie, non figli seco, non parenti ; gli si vietava di trattenersi familiarmente con chicchessia, di accettare inviti. Compiuto il suo officio, se v' erano richiami contro di lui, facevaglisi render conto dell' operato, e se erasi condotto integramente, il comune onoravalo con magnificenza di regali e non di rado lo riconfermava per l'anno successivo.
Con tutto questo non potea dirsi ehe fosse ancora in Fireuze vera democrazia ; il popolo prendeva parte alla cosa pubblica ; il popolo, convocato in piazza a parlamento, al suono della campana, aveva diritto di sanzionare le leggi ' proposte dal consiglio dei Buonomini, ma questa magistratura era sempre esercitata dai cittadini pił potenti, e dai grandi, di quelli che o erano venuti ad abitar Firenze quando perdettero i loro feudi, o di quelli che s' erano levati sul popolo per copia di ricchezze acquistate coi traffici e col commercio ; costoro, orgogliosi per antico dispetto o per recente superbia, voleano soprastare coli' oro e colla potenza del grado, faceansi largo tra il popolo e lo menavano a loro voglie, e a nome dell' impero gli uni, a nome del pontefice gli altri, ambivano esser primi nella cittą.
Cosi cominciarono in Firenze le maledette divisioni che tanto riuscirono funeste a tutta la Toscana e all'Italia, come avevano gią prima avvelenalo la Grecia ; i nobili, i grandi partirono la cittą in due fazioni che si dissero dei Guelfi e dei Ghibellini ; e riprincipiarono per cagioni e sotto nomi diversi le guerre, che si leggono nelle storie di Tito Livio, dei Romani coi Latini e coi Volsci, le querele della plebe contro i patrizi, del senato contro i tribuni.
Non si creda perņ che questi nomi si udissero pella prima volta in Italia; fino dai tempi di Arrigo IV e di Arrigo V arcano preso denominazione di Guelfi i parteggialo»
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