Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè
168 stori! della toscanaimpiccati alle finestre della casa delle Prestanze dove allora alloggiava il bargello.
Anni 1490 dell'E. V. — Coli'acquisto di Sarzana lare-pubblica fiorentina posò le armi, e ailor più che mai fiorirono in Firenze le scienze, le lettere e le arti, cui Lorenzo generosamente proteggeva, come quegli che era dotato d'ingegno non comune e d'un gusto squisito. Una lenta e dolorosa malattia, che tormentavalo da qualche tempo non gli fece goder lungamente il frutto dei suoi sforzi per pacificar l'Italia e morì l'anno 1492, non compiuti ancora quarantaquattro anni, nella villa di Careggi; Piero suo figlio maggiore gli successe nell' autorità ; Giovanni secondogenito fu ai prieghi del padre e con grandissimo sforzo di moneta fatto cardinale, e salì poi sul soglio di San Pietro col nome di Leone X ; il suo terzo figlio ebbe nome Giuliano. Di tre figliuole, la prima fu sposa a Jacopo Salviati, la seconda a Francescheltò Cibo, figlio del pontefice Innocenzio, il quale ebbe moglie prima di essere assunto alla suprema dignità ecclesiastica ; la terza a Piero Ridolfi. Gli storici contemporanei rimproverano a Lorenzo una soverchia ambizione, ed altri vizi , più grave di tutti quello di avere espilato il pubblico erario per riparare ai danni del proprio patrimonio, se pur l'astio dei suoi nemici non ha soverchiamente ingrandito queste accuse ; nnlladimeno il suo nome suona e suonerà sempre riverito , perchè con rara prudenza seppe governar la repubblica in tempi difficilissimi; perchè con savio consiglio moderò i destini di tutta Italia; perchè ornò ed abbellì con ingenti spese Firenze; perchè coltivò e protesse gli a-meni studj e le scienze, istituì l'Accademia e i conviti platonici, fondò l'Università Pisana, e vi chiamò a leggere i professori più eccellenti in ogni maniera di letterarie e filosofiche discipline; perchè profuse tesori per acquistar codici antichi e per arricchirne la sua biblioteca.
I tempi che corsero dopo la morte di Lorenzo riuscirono dolorosi all'Italia; cosicché parve a molti che in lui stesse la potenza e l'arbitrio di tenerla quieta, per quella maravi-gliosa prudenza che ebbe, e nella quale niuno dei principi contemporanei e pochi dei posteri lo uguagliarono. L'Italia,
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