Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè

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      CAPITOLO SESTO.
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      compagnie tutto il popolo della città, e in novantasei quello del contado, e lutti al suono della campana maggiore dovettero correre alle armi.
      Fu questa una gran rivoluzione, ma ne durarono poco gli effetti.
      Dopo la- rotta dolorosa, che nel 1260 toccarono i Fiorentini guelfi a Monta perii, i Ghibellini, rimesso il piede in Firenze, ne distrussero i savj ordinamenti e la piegarono un'altra volta sotto il dominio della fazione nobiliare e dello straniero; e più avrebbero osato, se non li avesse trattenuti la paura che incuteva loro il popolo furibondo e le triste novelle che erano giunte della morte di re Manfredi, della sconfitta dei Ghibellini e dello avvicinarsi dei Guelfi. Pensarono allora a nominar due Podestà, con un Consiglio di trenlasei cittadini, mercadanti e artigiani, presi dalle due fazioni, e divisero il popolo in Arti, creandone sette delle maggiori, presiedute da un console, dalle quali dipendevano le Arti minori, che non avevano per allora alcuna rappresentanza.
      Ma questa nuova istituzione, che si tenne come un mediano temperamento (oggi si direbbe giusto mezzo), e come un anello di conciliazione, nocque ai Ghibellini, che fecero accorto il popolo della propria forza. Infatti dovettero indi a poco abbandonar la città.
      I Guelfi, aiutali anch' essi dallo straniero, Carlo d'Angiò, che mandava in Firenze un suo vicario con apparenza di dominio, tornarono nel 1267 a governarsi con leggi ed ordini propri, quasi democraticamente. Si ordinarono per ogni due mesi dodici Buonomini, che avevano le stesse attribuzioni degli .linztant; un consiglio di fiducia, che perciò fu detto di Credenza, composto di ottanta membri, con esclusione di Ghibellini e di nobili; un Consiglio del Potestà, e un Consiglio generale di trecento cittadini di ogni grado e condizione- Così la politica dei cittadini più assennati e in voce di sapienti governava lo stalo.
      I nobili esclusi da quasi tutte le magistratare fremevano, e più fremettero quando si proclamò una legge che distruggeva affatto la loro potenza e toglieva loro perfino la speranza di risorgere. I loro beni confiscati si spartirono fraLjOOQle


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Storia della Toscana dalla fondazione di Firenze
di Filippo Moisè
V. Batelli e Compagni Firenze
1848 pagine 378

   

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