Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè
CAPITOLO SETTIMO. 23Ì
e splendidamente festeggiata. Pochi fuoruscili furono richiamali per dar polvere negli occhi all' imperatore, ma niuno si giovò di questa grazia, perchè non si fidavano del duca, e perchè un nobile sdegno li faceva aborrire dalla loro patria ormai ridotta in sì misera schiavitù.
Anche l'imperatore, avviantesi pell'alta Italia, or che viepiù vi si travagliavano le armi francesi, si mostrò nell'aprile con grandissima pompa a Firenze e le feste riprincipiarono; con che cuore per parte dei poveri cittadini sei pensino i nostri leggitori ICarlo, senza lasciar segno in Firenze della sua passata, proseguì in Lombardia per andar poi ad assalir la Provenza c pigliar Marsiglia, ma non gli venne fatto di averla, e tanto vi sofferse il suo esercito, che ebbe a ritirarsi a Genova, dove andò a fargli di nuovo riverenza il duca Alessandro, e vi si trattenne finché Cesare non partì per la Spagna-
Anni 1537 dell'E. V. — Tornalo il duca in Firenze si precipitò da capo nei bagordi e nei vizi d'ogni maniera, tornò a sturbar la quiete dei cittadini, a spaventare la città colle violenze é colle improntitudini; ma un tristo fine lo aspettava.
Viveva con lui un Lorenzo di Pier Francesco de'Medici suo cugino e compagno di libidini ; uomo pieno d1 ingegno, ma d'ùn'indole malvagia, menzognera, perfidissima. Narrasi ch'éi volesse un giorno uccidere il pontefice Clemente VII, quantunque questi lo amasse teneramente ; vuoisi che per iln barbaro genio di distruzione si fosse dato in tloma a troncar la testa a non poche statue antiche con grandissima indignazione del popolo e del pontefice. Costui fattosi corteggiatore assiduo del duca e guadagnatosene con ogni più vile artifizio il cuore, meditò di ucciderlo; e nella notte dei 5 gennaio 1537, aiutalo da un sicario, consumò il delitto nella propria camera, dove con inganno avealo trascinato.
Si volle paragonar Lorenzino a Bruto, ma la sua rapida fuga a Venezia , come un colpevole, senza pensare a volgere il nero delitto a prò di Fireuze, fa dubitare della giustezza del paragone.
Alessandro de'Medici fu vero tiranno, e come tale ca-
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