Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè
capìtolo settimo 239
e di difesa, stornava con saggia sollecitudine i pericoli dal suo Stato.
Anni 1544 dell' E. V. —Nel 1544 fu fermata la pace a Grepy fra i due potenti competitori, e Cosimo se ne rallegrò più degli altri, quantunque, avveduto com'era, dubitasse della sua durala; e mal non si appose.
Anni 1545 dell'E. V.—Morto nel 1545 l'Appiano duca di Piombino, quello stato fu tolto a nome dell'imperatore da don Giovanni de' Luna, a titolo di tutela del figlio ancor fanciullo; Cosimo se ne richiamò, e Cirio udì le rimostranze, gli diè ragione, ma non Piombino.
II pontefice, condottosi agli estremi della vita senza esser riuscito nel suo disegno di dare uno stato a Pier Luigi Farnese, lo investi del ducalo di Parma e di Piacenza, città ornai stale piegate all'obbedienza della Chiesa da Giulio Il -, cosa che spiacque all'imperatore e a Cosimo, il quale temeva l'ambizione di questo principe avventalo e risoluto.
Intanto scoppiava una sollevazione in Siena in odio degli Spagnuoli; il presidio fu scacciato, furono richiamali tulli gli sbandili, fu riformato il reggimento della città.
La cit'à di Siena, che vedemmo esser delle prime della Toscana a governarsi a comune, e che fu anche l'ultima a mantenere le vestigia dell'antica libertà nella Italia di mezzo, era stata lungamente contristala dalle discordie civili. Nel 1527 erasi levato a furia il popolo contro gli arislocralici, che si dicevano del Monte dei Nove, e che governavano dispoticamente la città ; avea tolto loro la somma della cosa pubblica , parte ne aveva uccisi e non pochi ammoniti. Così divisa, Siena cadde prima nella tirannide dei Pelrucci, poi, cacciati questi, iu polere di Carlo V, che lasciandovi le apparenze della libertà , l'avea data a governare al duca d'Amalfi, figlio d'un Alfonso Piccolomini, nipote di papa Pio II, il quale vi esercitò potere poco mcn che regio , come quegli che era accettissimo all'imperatore. Dopo costui ne fecero aspro governo Lopez di Loria e fra gli altri il Gra-nuela c quel don Diego Hurlado de Mend jza, Ohe uno sto-
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