Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè
Capitolo settimo. 281
e poco dopo un altro tra Claudia e il duca d'Urbino, riserbando la principessa Eleonora per il re Filippo di Spagna ; disegno che poi svanì- Intanto le sue galee, correndo sansa posa il Mediterraneo, sotto la condotta del già laudato ammiraglio Jacopo Inghirami da Volterra, assalirono e distrussero la fortezza di Adiman nella Caromania e ne tolsero una grossissima preda- Tutte queste imprese , prosperamente riuscite, lo stornavano dai pensieri più gravi dello Stato , cui lasciava governare, senza darsene briga, al'consiglio di reggenza, alla madre e alla moglie ; e peggio andarono le cose quando venne a morte nel 1613 il suo primo ministro Paolo Vinta, uomo capace ed in fama di onesto.
Anni 1613 dell'E. V.— Videsi in quest'anno in Firenze una splendida ambasceria del Soli di Persia, e dopo quella, un Faccardino emiro dei Drusi e sovrano d'una parte della Soria, caccialo dai suoi stati; il granduca, il quale era se-colui legato in amicizia, gli fece liete accoglienze , gli procacciò tutti i comodi necessarj, e col suo mezzo sognò perfino di poter trasportare a Firenze il Santo Sepolcro e collocarlo \ nella onppella medicea di San Lorenzo, cominciatasi a fabbricar dal padre suo. Più tardi l'emiro, cogli aiuti di Filippo III, fu rintegrato nei suoi slati, ma la Porta . disimpacciatasi dalla guerra colla Persia, venne a capo di averlo iu mano, e lo fece insieme coi figlinoli strozzare a Costantinopoli.
Anni 1614 dell'E. V—Le gioie del granduca non dovevano durare ; avea gioito delle illustri alleanze, delle splendide imprese in Levante , della stima che tributavagli l'Europa, della pacificazione colla Spagna, della prosperila dei commerci, della crescente popolazione di Livorno, cui crasi volto con verace amore ; ma le sventure domestiche do-veanlo ferire nel più vivo del cuore, dovevano colpir la sua famiglia, la Toscana intera. Una febbre violenta nel maggio del 1614 gli tolse il fratello Francesco, e immerse lui nel più profondo dolore; e questo dolore, poiché avea complessione gracile e malaticcia, dopo lunga infermità, lo ridusse in uno slato compassionevole.
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