Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè

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      CAPITOLO SETTIMO' 307
      Anni 1731 dell'E. V. — Nel 1731 moriva il duca Antonio di Parma , ultimo maschio della casa Farnese, come dicemmo ; e poiché sperava gravida la moglie, nel testamento prepose il nascituro all'Infante don Carlo; gl'imperiali,senza badare alle disposizioni del duca, occuparono lo stato di Parma, dichiarando di volerlo restituire al pontefice , se la duchessa non fosse gravida o se anche partorisse una femmina. La Toscana tremò per sè all' esempio di questa violenza, e solo parve rasserenarsi quando seppe dalla regina di Spagna rotte le convenzioni del trattato di Siviglia. Poi l'Inghilterra conchiose a Vienna un altro trattalo celi'imperatore, e vi fu stabilito che si assicurasse all'Infante don Carlo il possedimento di Parma e della Toscana, e se ne rimovessero le guarnigioni. Fremeva Gian Gastone che queste cose si trattassero senza consultarlo, s'adoperava a schermirsene, quando Io colse un'altra sventura demestica; moriva la principessa Violante nel maggio dell'anno corrente, e questa morte gli significava come a poco a poco tutta la ssa famiglia andasse ad estinguersi; come presto fosse per sonar 1' ora estrema per lui. Crescevano intanto ogni di più le pretensioni delle potenze europee sulla Toscana, quasi i popoli fossero merce cui avessero diritte i primi occupanti.
      Allora gli fu forza eedere, e stabilire in Firenze colla Spagna sola le convenienze della sua famiglia e quelle dei sudditi ; fu fissato il ricevimento dell' Infenle a Livorno e in Firenze, e il suo trattamento come principe ereditario, senza l'intervenzione dell'imperatore ; avendo voluto dimostrare in questo modo il granduca eh' egli agiva come principe libero e indipendente. Ma l'imperatore disapprovò la convenzione, le altre potenze se De richiamarono, e si proposero modificazioni ed eccezioni {finalmente s'accomodarono. Le potenze contraenti assicurarono al granduca, al suo stalo, ai suoi successori , quanto era stato stabilito ; e considerarono la convenzione di Firenze come un patto tra famiglia e famiglia, col quale non si poteva contradire ai trattati. Il granduca , ridotto agli ultimi termini, consegnò una prolesta segreta all'arcivescovo di Pisa, in cui dichiarava di accedere per forza al trattalo di Vienna, e non volervi i suoi popoli per alcun modo vincolati ; intendendo anzi di lasciarli nella loroyG< e


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Storia della Toscana dalla fondazione di Firenze
di Filippo Moisè
V. Batelli e Compagni Firenze
1848 pagine 378

   

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