prefazione. xi
lo studio avanti alla loro coscienza e all'opinione pubblica, col metterne in rilievo la pratica utilità. Ma non si può credere loro sulla parola, quando dicono che questa utiiuà s a la vera e scia ragione che 1 muove ag: studi letterar : è la rag ime ufficiale, dic.am così; ma non è la ragione \rera se non .n parte. E quegli scrittori romani stes^, che più parlano di fini pratici e di uiiutà pubblica, hanno pure alle volte la coscienza che quel che più seduce ed attira allo studio è l'amore disinteressato dei godimenti squisiti dello spirito, « Haec studia adulescen„.am alunt, senectutem oblectant, (dice Cicerone nell'Or, prò Arch., VII, 16), secundas res ornant, adversis perfugium ac soiatium praebent, delectant dom., non impediunt foris, pernoctant nobiscum, peregrinaner, rusucantur ». E mentre Lino d e nel suo proemo: « Hoc illud est prseripue j cogm.one rerum saluore ac frugu'erum, omnis te exempu documenta in illustn pos. a monumento ituei , unde libi tuaeque reipublicae quod imilere ca-pias, i.ide foedum exitu quod vites; » Quintiliano dall'altra parte (X, 1, 31) dice: