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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   prefazione. xii f
   greco, quelle opere andarono dappertutto a educare gli altri popoli, e costituirono il fondamento di tutta la coltura europea, in mezzo alla barbane universale d'Europa, la Grecia ha già nelle sue due grandi epopee la rivelazione del suo gemo, e il germe di tutta l'arte futura, il germe da cui a mano a mano si svolgeranno naturalmente la lirica, la drammatica e Tane plastica. ÌLa religione non vi resta, a così dire, rappresa e cristallizzata in dogmi, ma, libera e viva, v'accompagna lo sviluppo progressivo del sentimento e della riflessi >ne (*); onde allora che la speculatone sorge, non ha quas mai a trovare mpacci d> nessuna speci 3, e si dispiega in tutte le sue forme, giungendo a compendiare .n Aristotile tutte le più alte tendenze ed i più squisiti metodi scientifici. E così pure la medicina, la matemauca e la critica letteraria furono create di sana pianta da Greci. Tutto il pensiero moderno, in cui è tanta parte di nuovo e d'originale, pure, a rimontare ind stro alle fonii, dalla Grecia s vede cne ha prese ie mosse. Le nostre scienze sono p.jne di nomi g^eci tradì-zional oltre i tau> altri ntrodotli poi per analogia di questi ; e il nostro linguaggio stesso comune serba le tracce della d jcip _na ricevuta dal popolo greco.
   E il popolo romano non è maraviglia che anch'esso, come ogni altro, a un tal confronto rimanga v .ito. A mezzo 1 secolo terzo avanti Cristo, la Grecia avea già percorso il lungo e splendido ciclo dell'arte e della scienza sua, e Roma allora appena ucominc'ava; e non da sè, ma sorretta dalla Grecia , e senza po , in ul timo, ^uscire ad altro che ad assimilarsi, e a continuare alquanto, la letteratura greca. Se non che, da questa eudente ' aferiorità deli ingegno romano all'ellenico, non si può ricavare quel che troppo s'affrettano a dedurne que'dotti stranieri, che cioè fosse e?so dammeno dell'ingegno germanico o d'altro qualsivoglia. Lasciando pure dapparte 1' ncontrastabile primato di Rom°. nella potenza politica e n 'litare, e restringendoci alla letteratura, e' si può domandare : Roma, è vero, cominciò quando la Grera avea fìnuo ; ma pure, che cosa facevano le altre razze quando la latioa
   (*) La Grecia nor. ebbe codice religioso o testi ispirati e infallibili. C' era solo una specie dì tradizione leggendaria religiosa, della quale testimoni e raccoglitori erano tenuti i poeti, specialmente Omero ed Esiodo; ma testimoni net senso umano e ragionevole della parola, non già nel senso eteroclito e assurdo di divinamente ispirati. Perciò non e^a contoso a nessuno di interpretare, atteggiare, correggere la leggenda poetico-religiosa a modo suo; e si doveva mettere in campo un brusco ateismo, o un teismo affatto repugnante al teismo comune, o offender troppo aspramente il culto ordinario, per attirarsi persecuzioni Oltreché, nella condanna di Socraie c ebbero parte molte antipatie personali, e avversioni politiche. Cei'to che in Grecia un Galilei costretto a sconfessare le vedute della propria ragione perchè contraddicesti a un testo d'un libro creduto di mo, sarebbe stato assolutamente inconcepibile. E questa mancanza in Grecia di dogmi fissi, rrgit. i! pedantescamente intesi, fu insieme effetto e causa di quella tempra mirabile d'ingegno, per cui la Grecia hij creata la vera ane e la vera scienza umana. Quell'anima pia, c quas dirci teologia, di Pindaro mostrava invece sentirsi come a disagio por ii mancargli d'un codice rei.gioso; cosicché nella prima delle odi-olimpiche consiglia di dir sempre bene degli Doi perchè così almeno, se se ne dice, come è facile a succedere, cose non vere, la colpa è minorp. , Anche Roma mancò di un codice religioso ispirato, ma la libertà del pensiero vi fu un po'scemata dall'importanza politica dello istituzioni e tradizioni religioso, che eran come il dirit to divino su cui fondavasi il potere dell'aristocrazia dominante.