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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   prefazione. xv
   da alcuni di noi (*); se non che, né da noi ne dagli altri sono biasimate a ragionei Giacché da un lato la violenza e la conquista erano per tutta l'antichità un diritto naturale e un general costume de'popoli, e' però non s deve dare una particola? colpa al popolo romano d'aver fatto ciò che tutti faceano, sol perchè esso v seppe rius. re meglio d'ogni altro; e dall'altro lato non bisogna dimenticare che, mentre le violenze degli altri popoli giovavan solo a eh le faceva., non apportando agli altri che sgomento e rovina, le sapienti conquiste romane nvece andavano a trar fuori le gent dalla barbarie, e le convertivano alla civiltà , sia puie che una tal conversione la segnassero con un battesimo d sangue.
   Ma,, per tornare orarne al nostro soggetto, l'assidua cura del mil predecessore e la mia è stata sempre di controperare a quella moda che è cominciata a correre e fuori d'Ital i e un pochino anche in Italia, di porre nel giudicare e la letteratura romana n genere, e i varii allori che la illustrarono in specie, come un certo studio dì attenuarne il valore, e di mostrarne 'nmeritata,o n tuttooin parte, la fama.Lo storico non deve aver vogl'a nè d paneg. c nè di d.. .ti.be: la polemica non è la critica.
   E un'altra assidua cura è stata n noi, di non assecondare quella mania di congetture che è così comune nella dotta Germar a. G acche le congetture, so son prodotte quando si è esaurito ogni mozzo Idi cercare direttamente le cose anziché di almanaccarle con la fantasia, se sono presentate con cautela e r serbo, aumentano m qualche guisa sapere; ma senza queste conui^oni non portano cne illu-sion e discredito I dotti tedeschi fra taut ncomparab.l meriti, hanno generalmente questo vizio, ed è bene che gl'Italiani lo avvertano, non per fan belli dei loro non fdre nè congetture nè altro, ma per guardarsi dall'imitarp, di coloro che hanno assunti a maestri, anche i difetti. A tacer d'altro, nella cn ca dei testi le esorbitanze del congetturahsmo, se è lecito chiamarlo cosi, sono incredibile e tali da sgo mentare. Si dimentica quel che dovrebb' essere il principio fondamentale di quella critica, vale a dire che non si debba procedere a mutare le parole date dai manoscritti d un'opera, prma che non si siano esauriti tutti i tentati i ermeneutici, e ci si., ben assicurai che il non intendere non sia da ascr.yere a colpa nostra, bensì a corruttela del testo che ci sta diDnanz D'altra parte il metterai con troppa spensieratezza a mutar le parole di un testo qualunque, col vago motivo, che 1' autore non possa avere scritte quelle parole, troppo contrarie ai suo stile e al suo consueto ordine di dee, r siia di condurre a un subietti' ismo ria.colo e assurdo. « Du gleichst dem Geist den du begr^ fst, Nicht mir » ce in Gòthe lo Spirito al dottor Faust. E una risposta quasi consimile potrebbero dare a molti dottori concittadh di questo gli sp.riti di Eschilo e di Plauto, se potessero essere per un stante evocati; potrebbero, per esempio, dire : cotesta frase, cotesta idea è sconveniente all'Esch'lo, al Plauto, che avete in testa voi, ma non a me. Tina turba di medioci colà, si moggiando
   O Vedi, per esempio, i Ricordi del D'Azeglio, passim