XVI PREFAZIONE.
gli ardimenti ragionevoli dei migliori, mette alla stordita le mani sai testi, credendosi tanto al fatto delle intenzioni degli autori, quanto altri si crede di quelle di Dio. Lascio stare ohi., per esempio, accomodando audacemente 1 versi del Leopardi, là dove è detto a AH'apparir del ver j, Tu misera cadevi » mutava vero in verno, rammenterò solo il noto Ilartung, splendida personificazione della mediocrità, che, dopo accorrò' dato a modo suo, co' maggiori arbitrii del mondo, non ricordo più che lirica d' un poeta greco, mi pare d'Alcmano, esce in questa sgu;>jataggine: questa dev'essere la poesia quale la scrisse Alcmano, giacché questa è più bella di quello che sarebbe la sua, quando fosse quale il testo arrivatocene la dà, e siccome d'altronde non può essere che io abbia saputo fare una lirica greca meglio d'Àlcmano, cosi questa mia deve esser proprio la sua! — Ma pur troppo anche i migliori, benché non scendan si basso, non sono ramuni da cotesta lebbra; epperciò noi proviamo, a dir vero, un gran conforto, allorché e qui e nel loro stesso paese da uomini non meno valenti li vediamo ripresi e richiamati a più retta via. In Italia sarebbe pretensioso dire che si sappian causare cotesti eccessi giacché, salvo poche eccezioni, so non si commettono eccess nella critica dei testi, Igli è perchè edizioni critiche non e' è l'uso di farne. Sennonché, sarà pur lecito notare che siccome, qual che ne sia la ragione, 11 7izio di quel che ho chiamato congetturalismo, non è comune da noi, cosi è bene guar-dars dail'asjumerlo, e dall'abbandonarsi a credere che il congetturare a caso valga troppo di più dell gnoranza puramente rassegnata; benche di più cortamente valga.
E intanto eli >uderò col voto, (il quale non dovrebbe esser grato all'editore, ma sarebbe ad ogn» modo accetto a quell'anima buona d Cesare Tamagr. , che agli stud portava un amore cosi wivo e smceio), che la filologia latina qui ed altrove faccia s rapidi progress1 da rendere fra breve autile 1 lavoro, che ora presentiamo, non senza fiducia che qualche modesto servigio presterà, agli studios italiani.
Francesco d'Ovidio.
Milano, luglio 1874