capitolo ix. — i grammatici.
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c) Scritti vari.
Notiamo L. Petit, De Macrobio Ciceronis interprete pbilosoptio; Parigi 1866, 136 pp. in-4°. — Sehòmann , Commentatio Maerobiana; Greifswald e Lipsia, 1871, 48 pp. — Cfr. Comparetti, Virgilio nel medio evo, I, pag 84-92.
124. Carisio, Diomede, Marziano Capella, Cìedonio ed altri.
Contemporaneamente ed indipendentemente l'uno dall'altro, benche sulle stesse fonti, compilarono i due grammatici Flavio Sosipatro Carisio e Diomede, che pa-jono entrambi appartenere alla seconda metà del quarto secolo. L'opera del primo (il quale si trova designato come vir perfeclissimus e magister urbis Romae) porta ora il titolo Institulionum grommaticarum libri quinque, i quali però non ci sono giunti intatti, anzi sono andati soggetti a molte perd e. Le fonti pj ine pali di Carisio sono Palemone, Giulio Romano e Comminiano, dai quali, ora citandoi orano, egli copia, e cosi ci serba parte della letteratura grammaticale più antica per no perduta (1).
L'Ars Grammatica di Diomede è in tre libri e dedicata a un Atanasio. Il libro terzo è relativo alla metrica. Diomede supera Carisio per ordine e coesione ma offre men di lui passi di scrittori, e quindi ci dà men ricca messe (2).
Quasi nulla sappiamo della vita di Marziano Minneo Felice Catella; se non che si capisce su per giù che egli fiori nella prima metà dei secolo quinto, e fu africano, fosse poi di Cartagine o di Madaura, e nella sua provincia natale, prima che la cadesse sotto i Vandali (439 d. C), fece l'avvocato. In nove libri è l'opera che abbiam diluì; De pupliis pìiilologiae et Mercurii. La quale si inizia con 1' allegoria, nei primi' due libri, delle nozze di Mercurio con la filologia, e prosegue negli altri sette con un abbozzo ui enciclopedia, essendo ognuno d'essi libri lo schizzo di una delle sette arti del ti rio e del quadrivio, che son la gramma. ca, la dialettica, la rettorica. la geometria, l'aritmetica, l'astronomia e la musica (compresaci la metrica). Marziano ha comi 'iato dagli antichi, da Aquila, da Plinio, da Solino, da Aristide Quinti! ano e soprattutto da Varrone. Dal quale anche egli ha tolto quel metodo, a parer suo attraentissimo, di mescolare la prosa alla poesia secondo l'uso della satira menippea. Ogni bbro s'inizia con una poesia, e cosi pure quasi sempre si chiude. L'ambiente in cui si move lo spirito dell'autore è affatto pagano, quand'anche, il che non si sa, egli sia stato cristiano. L'essere l'opera sua enciclopedica, e impregnata di allegoria e mescolata di prosa e versi, le fecero far gran fortuna nel medio evo (3).
Un commento r luoghi oscuri di Donato era VArs Cledonii, il qual Cledonio (sec. V) trov imo designato come senatore romano e grammatico costantinopolitano. Questa Ars ci è conservata da un codice bernese del sesto secolo, ma con parecchie corruttele e molte lacune (4). Presenta affinità coi libri consimili, già da noi menzionati, di Sergio e di Pompeo, il che vuol dire che hanno attinto alle stesse fonti.
D P. Consenzio, della Gallia, e della seconda metà del quinto secolo, possediamo un'ars, della quale son venute in luce via via due diverse parti, prima quella De duabi'.s partibus orationis nomine et verbo (5), e'poi quella De barbarismis et me-laplasmis (6). da ultimo messe assieme a fare un'opera sola (7), che però si deve ritenere non essere a noi pervenuta intera. È essa abbastanza importante; e dal-' l'accordo che ha con Donato, Carisio e Diomede, si scorge che la deve essere stata attinta in gran parte alle stesse fonti.
Abbiamo un'rirs de nomine et verbo di Foca (Phocas), anteriore a Trisciano e a Cas&iodoro, che lo cetano. Esordisce, oltreché con una prefazione prosastica, anche con una poetica, e sei distici. È breve poi e aliena da ogni pretesa di novità. Non può essere di Foca l'altro scrittarello che va sotto il suo nome, e che tratta De aspiratione. Sua dev'essere invece la vita di Virgilio in esametri che gli è ascritta (8)..
Tamagni. D'Ovinio, Letteratura Romana. 71