capitolo x. — i giuristi.
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(2) La prima edizione ne è la parig^a del 1549. Tra le molte altre citeremo quella del Gannegieter (Traj. ad Rh. 1768 ecc ), e quella di G. Hugo, più volte ristampata, e l'ultima volta a Berlino 18.34); quella di Blumtschli e Bockir.g \,Bonn 1831, e 1836), e nel Corpus J, R. Antejust, (tertium smend. ed annot. instr. Bòcking , Bonn 1845), e quella pur di Bocking (Lipsiae 1855), e di Vahlen (Bonnae 1850).
(3) Oltre le edizioni cLe se ne trova nelle raccolte della Giurisprudenza antegiustinianea di Schulting, e di altri, noteremo l'edizione parigina del Bouchard (1525), e quelle del Cujacio (Par. 1558), di G. Ugo (Berolini 1795), di Arndts (Bonnae 1833) I e di Haerei (Bonnae 1834).
§ 133. Il Codice Gregoriano, l'Ermogenjano e il Teodosi ano; le leggi barbariche, ecc.
Alla fine del secolo decimoterzc deve appartenere Gregoriano, che fece una raccolta (che fu detta appunto Coclea; Gregorianus) di costituzioni imperiali, lavoro privato in origine, ma, per l'utilità che se ne traeva, g unto ad una specie di valore ufficiale; e quel che ancora ce n'avanza principi' da una costituzione di Settimio Severo dell'anno 196 (mentre forse prendeva in realtà le mosse da Adriano) e chiude con una costituzione di Dioclerano e Massin ano. Un'altra raccolta simile è il Codex Ilermogenianus, che, per poco che si ha, contiene costituì ioni di Diocleziano e Massimiano, e poi anche di Valente e Valentiniano III, degli anni 364-365. Cosicché ó queste ultime son da cons derare come giunte posteriormente fatte alla raccolta, o VErmogeniano che ne è autore non può, come pur per altr rispetti sembrerebbe plausibile, identificarsi con queir Ermogeniano dei tempi di Costantino, del quale è nei Digesti giustinianei usufruita una Turis Epitome sé br . Entrambi i sopraddetti Codici sono perduti, ma oltre le citazioni dei Digesti ora accennati, si ha nel Bre-viarum Alaric'anum tredici titoli del primo e due del secondo, a che si sono poi aggiunti alcuni frammenti vaticani (1).
Nel 429 Teodosio volle fossero i due Codici Gregoriano ed Ermogeniano continuati con una raccolta cons.l le delle leggi imperiali da Costantino sino a lui. Nominò perciò una commissione, composta di Antioco e di sette altri. Ma solo sei anni dopo, e coll'aggiunzione d'altri otto commissari, fu fatto il lavoro, e nel 438 fu da Teodosio riconosciuto e reso valido come legge. S'ebbe perciò il nome di Theodo-sianus Codex ; e fa diviso in sedici libri, di cui i primi cinque contenenti il diritto privato. Fu permesso ai redattori di riferir le leggi in compendio, purché non se ne perdesse la chiarezza. Ma i redattori per troppo compendiare le resero non di rado oscure; oltreché commisero parecchie omissioni, anacronismi, disordini, ripetizioni, contraddizioni; lasciando anche non poco desiderare dal lato della lingua. A noi è giunto il lavoro con molte lacune.
Le costituzioni imperiali di Teodosio stesse, di Valentiniano, di Marciano, di Maggiorano, di Severo, di Anteraio, pubblicate dopo il Cod. Ih., assunsero il nome di Novellae; e andaron poi aggiunte alle edizioni di asso Codice (2).
La convivenza delle st:- pi barbai'3he coi popoli c razza latina è luogo a quelle caratteristiche raccolte legislative, che i dominatori barbarici promulgavano, adattando alle nuove condizioni le tradizioni giuridiche romane. A tal catagoria spetta YEdictum di Teodorico, dell'anno 500 (3). Dell'anno 508 è quel che gli scrittori recenti chiamano B^eviarum Atarici (o Aniani) e che forse in origine non avea un vero e proprio titolo, giacché o se ne citavano le parti', con titoli ad esse speciali, o tutta la collezione la si indicava vagamente come Lex romana (e con tal nome o con quel di Lex Theodostana, restò in vigore tra i Franchi sotto i Merovingi, e tra gli Visigoti di Spagna fino al 650) (4). Con essa non bisogna confondere quella raccolta di leggi visigota che nel 1579 pubblicò a Parigi il Pithoeus (5), ed è tra le p i importanti fonti del diritto tedesco. Sul far del Breviario d'Alarico è compilata, bensì con più deviazioni dalle fonti classiche, la Lex romana Burgundionum, erroneamente intitolata nelle antiche edizioni « Papiani (vorrà dire naturalmente Papiniani) Responsa », che il re Gundebaldo (verso il 517-534) ordinò pei romani