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in quest'altro senso, cioè che i dotti furono più indulgenti verso le aspirate latine di certe parole e le accolsero più compiacentemente nella ortografia, sol percnè le credettero giustificabili con greche analogie ; affatto immaginarie, s'jintende, Per esempio, a pulccr non parve strano sostituire pulcher, giacché questo si trovava analogo al greco 7to>uJ/>ous ; a incoare sostituire, incollare e indicare, parea logico, per ciò che vi si vedeva dentro nientemeno che il ,• come in hjrrpìia (rad. lamp cfr. limpidus, e l'osco diumpa) si vedeva vù^-n (cfr. nubo, nnplus).
A mostrare la popolarità dell'aspirazione il Roscner cita i passi degli scrittori romani ad essa relativi, compreso, s'intende, quello, solitamente male interpretato, di Catullo. Questi dice (Epigr. 34).
Chommoda dicebat, si quando commoda vellet Dicere et hinsidias Arrius insidias.
Credo, sic raater, sic Liber avunculus ejuSi Sic maternus avus dixerat atque avia, etc.
Or da ciò non si deduce niente allatto che gl'aspirazione fosse un vezzo etrusco, come più d'uno ha creduto; giacché; come si vede, Catullo non dice che Arrio la ritraesse dal padre, nobile etrusco, bensì dalla madre e da tutto il parentado materno, con che vuole insinuare che Arrio fosse figlio di una serva qualunque, e certo romana; e che l'illegittimità, la voQsix, di lui si tradisse nella rusticità della sua pronunzia, nel pronunziare elle egli faceva come le famiglie popolane di Roma (1).
Cicerone poi (Or. 48,100) ha : « Yoluptati autem asrium morigerari de'bet oratio. Quin ego ipser cuin scirem ita maiores locutos esse, ut nusquam, nisi in vocali, aspi-ratione uterentur, loquebar sic ut pulcros, Cetegos, triumpus, Kcrtaginem dicerem; aliquando, idqae sero, con\4io aurium cum extorta mihi verìtas esset, usum lo-quendi populo concessi, scien _am mihi reservavi ; orcinos taraen et Matones, Otones, Ccepiones, sepulcra, coronas, ìacrimas, dicimus, quia per aurium judicium licet ». In altri termini : « Io prima mi ostinavo a pronunziare sempre all'antica, pulcros, ecc.; alla fine il continuo sentir pronunz ire diversamente (convitium aurium) mi ha a poco a poco portata via la vera, l'antica pronunzia (verìtas), e ho finito per seguire l'uso popolare, e dir pulchros, ecc.pur tenendomi ben in mente che non si dovrebbe dir cosi. Dove però l'uso osella tra l'aspirar la consonante 0 lasciarla pura, tra Otones, e Othones, per esem io, e tra ìacrimas e lachrimas, io mi valgo della libertà che l'uso lai lascia, e scelgo la forma più antica e retta: Otones, ìacrimas, ecc. »
Nigidio Figulo (presso Gellio, XIII, 6, 3) dice : « Rusticus fit sermu, si adpires perperam », con che di certo condanna e 1' aspirazione delle consonanti e quella abusiva e inorganica delle vocali.
Quintiliano (I, 5, 19) dice che Vh ebbe vicende assai varie. « Parcissime ea veteres usi etiam in vocalibus, cum feedos fircosque dicebant (2); diu deinde ser-vatum (si badò bone) ne consonantibus aspira rent, ut in Oraccis et in triumpis,
(1) C'è un distico dell'epigramma, il secondo, che dico:
Et tum mirifice sperabat se osse locutam Cum, quantum po+erat, dixerat hinsidias ;
il quale potrebbe far nascere il sospetto che i popolani romani aspirassero per isiorzarsi a parlare in punta di forchetta, come suol dirsi, e che quindi l'aspirazione l'avessero imparata dalle persone colte ; sennonché, son troppe le ragioni che contrastano a cotesta interpretazione, e sarà naturalmente da intendere senz'altro, che Arrio pronunziasse popolarmente, presumendo nella sua ignoranza che quello fosse parlar benone.
(2) I manoscritti hanno oeàos e ireos, ma e evidente che bisogna emeudare come il Roscher ha fatto. La grafìa arcaica era con f, la posteriore classica con h.