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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   correzioni e aggiunte.
   . 579
   Erupit brevi tempore nimius usus, ut choronae, clrenturiones, praechones adhuc quibusdam inscriptionibus maneant, qua de re Catuili nobile epigramma est ».
   Solo Gellio (II, 3, 3) ascriverebbe a imitazione del greco l'aspirazione popolare romana. « Studio et exemplo linguao atticae, egli dice, veteres nostri lachrimas, sepulchrum, alienimi, vehemens, incollare, helluare, halucinart, honera, ìionustum dixerunt. In his enim verbis omnibus littera) sen spiritus istius nulla ratio visa est; nisi ut firmitas et vigor vocis, quasi quibusdam nervis additis, intenderetur
   Ma nulla può valere questo giudizio isolato di un uomo così superficiale qual Gellio.
   Si noti poi che molte parole, e nei manoscritti (per esempio, ne' celebri manoscritti virgiliani) e nelle iscrizioni, hanno l'aspirazione : più spesso di tutto nel e, più di rado nel t, rarissimamente nel p. Si trova per esempio, Achilius, Bracchius, in pache, Prischae, Srhenicos.
   A pag. 32, al numero XII, dove dice. « .. la R latina in parecchie voci sì mutò in S », bisogna leggere il contrario. E al numero XIII, in fine, do/e dice « concrè-pnit, insanus, infelise » va letto « concrépuit, insanus, infelix.
   A pag. 33, nota (1) dove si legge -np sì supponga invece vp» » 34, nella rubr ca y), dove sì trova >7v si intenda ì-j-
   » » 35-36, nota (4), al penultimo periodo, dove dice « facendo breve la penultima, per distinguersi dal genitivo, il quale dovrebbe avere la seconda lunga », va sostituita alla parola breve la parola, accentata, e alla parola lunga la parola atona.
   A pag. 39, nota (3), dove si ha uro' si legga vnó.
   » » 40, riga 15 seg., è detto che il greco privi le enclitiche e le procliticfte del loro accento, per darlo al vocabolo precedente o susseguente. Il che è molto inesatto in un certo senso, cioè in quanto le procxiuche niente dànno alla parola susseguente, cui s'appoggiano ; per ciò che il greco può avere un numero illimitato di sillabe protoniche; e solo dal numero prestabilito e fìsso delle postoniche dipende invece il gettare che fan l'enclitiche l'accento loro sulla parola precedente.
   A pag. 45, nota (1), dopo aver detto che l'etrusco tendeva a ritrar l'accento sulla prima sillaba della parola, l'a. nota che questa tendenza è ancor vìva nel toscano, perchè dice peggiora, amavamo, dicévamo — Che il toscano moderno abbia la tendenza dell'ani ;o etrusco, di ritrarre md.etro l'accento, fu una mera immaginazione dell'autore. Il toscano è fedelissimo all'accentuazione latina, e i pochi esempi che l'a. dà della tendenza contrar -, son dovuti a raj oni speciali e accidentali È evidente che amàvamo, dicévamo, fu dovuto al bisogno che si sentì di togliere l'oscil-laz )ne (che anormale apparisce oggi a chi non ne mediti la rag )ne storica) dell'accento, e ristabilirne la simmetria, sciupata dall'alternare dicévo, dicevi, diceva, dicévano con dicevàmo, dicevate. Alla qual medesima ragione si deve la seconda plurale anfibologica voi dicévi, chè a dicèvate non si osò giungere, non avendovi il conforto che per giungere a dicévamo si enbe dalla terza dicévano (dicébani). Quanto a peggiora ognun vi indovina l'influsso dell'aggettivo véggio difatti si ha mégliora e miglióra secondo l'influsso di meglio (— mélior) o di migliore (= meìiòre{m)). Quanto ad altri ve/bi (irrita, invéstiga, ecc.) che si potrebbero citare, quando pure il loro proparossitonismo non rimonti all'età anteromanza, sono facilmente Spiegabili con la spinta analogica che ricevettero dai molti verbi di proparossitonismo storicamente normale. Circa poi il Santa Trinità di Firenze che il Tamagni cita, esso non è che una normale continuaz me popolana del nome latino ecclesiastico Sancia Trinitas (mi sia concesso r mandare per questa al mio studio sull'Ondine dell'unica forma flessionale del nome italiano, Pisa 1872).