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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   correzioni e aggiunte.
   — Terenzio Lucano, padrone, gli avrà dato prenome e nome, ma lasciatogli per cognome il nome servile Afro perciò avrebbe dovuto chiamarsi il servo, epperò Afro anclie per questo rispetto parrebbe dover essere cognome, non già un pretto derivativo è patria.
   5.° Se Publio Terenzio Atro è il nome del servo, Publio Terenzio Lucano doveva esser quello del padrone. Orbene, fra tutti i Terenzii Lucani, di cui abbiara notizia, non c'è nessuno che si chinm Publio; nè con questo prenome è citato Terenzio Lucano (padrone di T.) neppur nella stessa Vita di Terenzio, se non in un solo coaice che il Pigliio diceva di possedere, ma non veduto da altri.
   C.° Il cognome Afer è spesso un puro cognome tra i Latini. Forse è uno di quei tant nom di cui non ci sappiam render rag one, o forse meglio è tratto dal color moro della pelle, come Albus, Candid,us, Flavus, Ruber, Rufus, Fuscus, Niger, Pullus. Di Sparziano v'è un passo dove uno, a nome di Apollo Delfico, scherza cosi sopra Pescennio Nigro, Settimio Severo ed Albino, disputantisi l'impero 'Optimus est fvscus, bonus afer, pessiraus albus. Qui è chiaro che afer è nè più nè meno che indicante il colore. E per varie e sode testimonianze sappiamo esser di sangue puro latino il console Senecione Memmio Afro; l'oratore Domizio Afro (Gallo); il pretore Elio Adriano Afro (nativo della Letica), padre di Adriano imperatore; il tribuno e flamine augustale C. Passerio Afro.
   Del resto, anche se Afer non fosse indice del colore, ma solo della patria, pur non sarebbe bastevole a mostrare che veramente chi lo portò fosse africano, perche e'si trovan altri cognomi, non interpretabili per nulla altrimenti che come aggettivi patrii, e pur gati a persone certo di tutt' altra patria che il lor cognome non direbbe. L'oratore Giulio Affricano era di Saintes ; di Brescello il Giulio Affricano, ricordato dai marmi modenesi del Cavedoni; d i Vienna P. Valerio Asiatico ; di Tivoli Q. Cecilio Epiroia; marsa era Viridia Faentina; di Mauritania C. Petronio Fiorentino; di Verona P. Ostilio Campano, di più, cimri eran forse Annio Cimbro, storico latino, e Tillio Cimbro, uno uegii uccisori di Cesare? Gallo era Asinio Gallo, e lucano Anneo Lucano?
   7.° Di più, il nome patrio non fu dato per nome se non ai servi pubblici, cui veniva dato nome da un municipio; o ai vemae cui il padrone dava quel nome che più gli piacesse, traendolo dalla patr a, per esempio, o dai genitori. Ma per un altro sarebbe stranezza, come per esempio per un prigioniero di guerra.
   8.° Niun antico ci ha parlato della patria straniera di Terenzio, e moito meno della sua condizione servile, o di liberto (tranne il solo Fenestella per combatterla), prima di quel Mezio (riferito dal falso-Donato), che non si sa quanto visse, e che pure lo volea non liberto ma inertino. Cicerone nomina spesso Terenzio senza darcene niun sentore di straniera origine o di condizione servile, ed egli stesso ne prologhi paria di sè in modo affatto conveniente a igenuo, dicendosi amico e chiamando amici i principali nobili d' allora Ciò sarebbe inconciliabile con la condizione servile di Terenzio, dovendosi ben ricordare ch'egli visse ancora in tempi che gli aristocratici tenevano gelosissimamente alla loro autorità.
   9.° Non si sa quanto fondamento abbia la notizia dataci dal pseudo-Donato che Terenzio sposasse una sua figlia ad un cavaliere romano. Se vera fosse la cosa, proverebbe molto ¥ ingenuità di Terenzio, giacché fra ingenui e liberte le nozze erano ancora a quei tempi severamente vietate, e solo (dice Livio) per un sena-tusconsulto fu tizio privilegio nel 507, di potersi sposare all'uomo e la donna che avean rivelati i Baccanali. Anche ai tempi d Cicerone, molto più spregiudicati, nel buono e nel cattivo senso, troviamo nella seconda Filippica rimproverato dall'Ar-pinate fieramente ad Antonio l'avere sposata la figli i d'un liberto.
   10.° S. Agostino (de Civ. Dei, II, 12), parlando ai Romani, cita Plauto, Nevio e Ceci o, e poi Terenzio, di questo solo dicendo Tarentius vester! Che vuoi dir ciò? Se S. Agostino non disse vester Plautus o Caecilius o Naevius, essendo questi non nati a Roma, appare lo dicesse di Teienzio perchè romano. E non può dir Terenlius vester, perchè fiorito in Roma, o perchè caro a. Romani, giacché si vede che questa