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sarebbe cosa veramente curiosa e inverosimiìissima, specialmente in un affricano, cui si porgeva il destro di ricordare agli altri esser suo concittadino colui che egli
loda,ra meritamente.
A queste, come ognun vede, non lievi ragioni volle rispondere Monsignor Ca-vedoni, e mise in campo le ragmi. seguent
1.° Perchè Cicerone riferisce come cosa sospettabile che Lelio ponesse mano ad aiutar T., se egli eia romano?
2.° Il prenome Publio avrebbe potuto non appartenere a Terenz.o Lucano, ed essere soltanto imposto al suo liberto Terenzio Afro per fare onore a qualche amico, per esempio, a P. Scipione; come fece!'. Pomponio Attico, che, affrancando Dionisio, lo chiamò non T. Pomponio Dionis'o, ma Marco Pomponio Dion s:o, per ossequ d a M. Tullio Cicerone.
3.° Che necessità c'è di supporre che Terenzio a (resse dovuto, come terzo nome, serbare a forza il suo nome servile cartaginese, il che avebbe urtato l'orecchio da. Romani? Non si chiamavano Syri soltanto gli schiavi di o 'gine sk aca? — Solo nomi servili greci, perchè greci, eran serbati.
4.° II. Terentius vesier di S. Agostino può significare non :1 vostro (romano) concittadino, Teienzio ma sì il vostro prediletto, la vostra delizia, giacciiè infatti a quei tempi Terenzio era la delizia de Romani, specie pagar., onde veniva chiamato per antonomasia il comicus. Così Cicerone Panaelius tuus a
5.° Cicerone anche chiama amiro Tirone, ed Attico il suo Dionisio
Il Betti risponde al 1.° punto cne la voce che Terenzio fosse datato da Lelio fu sparsa per maligna invidia da? suo avversai ;i.
Al 5,° Che l'esempio di Cicerone ed Attico non è a proposito, in 1.° perchè ricavato da tempi assai mutati; 2.° perchè C ;erone ed Attico parlano dei liberti proprii, che aveano prestato ogni ufficio d'aiuto letterario ai loro padroni, nè si sa che coi liberti altrui si piegassero a usare altrettanta domestichezza; 3.° perchè non sappiamo se, anche trattati, codesti liberti, da padroni e pur da altri con tanta domestichezza, avessero avuto animo di dirsi pubblicamente amici di uomini ragguardevolissimi.
Al 2.° Che il fatto di Attico è unico esempio e perciò prova poco, ma anche principalmente perché appartiene a un tempo molto posteriore, in cu i costumi s'eran molto mutati, e cominciavano a venir meno appo i Romani i più costanti e venerati us degl avi.
Al 3.° Che il solo esempio di Syrus non basta, stantechè sì sa che i ladroni cilici vendettero una grane ssiraa quan.Jtà di fanciulli siri, che però a Roma eran chiamati solo col nome di nazione, essendo essi in numero tragrande, e fanciulli. Ciò non giova punto a dimostrare che il simile potesse avvenire in un Cartaginese, condotto a Roma in una certa età Nè è vero che i Romani, tranne gli schiavi greci, a tutti gli altri solessero togliere il nome servile, giacché riboccano i tesori d'antiche lapidi di ser^i e ubert d'ogni età con nomi e cognomi affatto barbarici, data loro solo una terminazione latina.
Il 4.° è un argomento veramente strano, giacché ci corre tanto dal dire fami-gliarnente ad uno il tuo Panezio, al dir solennemente ai Romani il vostro Terenzio! — E poi perchè, S. Agostino non disse lo stesso di Plauto, tanto caro in ogni tempo ai Romani?
Io non voglio entrar arbitro di questa d 'sputa, ma mi pare che il Betti abbia, se non altro, scossa molto la fede spensieratissima avutasi finora, che Terenzio fosse ano schiavo africano. Solamente, oltre le altre objezioni che si potrebbero forse sollevare, c'è questa a ci il Betti non ha mai data una risposta soddisfacente; vale a dire, se Terenzio era un Romano come tutti gli altri, perchè mai si sentiva tanto bisogno, e non sol dai malevoli, di spiegare in modo indiretto, estrìnseco, la squisitezza e l'urbanità della sua forma? Svetonio racconta che il dotto grammatico Santra più che di Lelio e Scipione sospettava che Terenzio si fosse giovato di Po-= pilio e Labeone, « consulari utroque et poeta ». Perchè dunque questo bisogno co^ illunemente avvertito di cercare uno che gli avesse, quasi per contagio, appiccicata