ORIGINI DELLA LINGUA ITALIANA.
si sparsero nelle molte provincie dell'Impero avessero potuto identicamente modificare il latino, per modo da dar vita ad una lingua unica? (1) Come poi spiegare il passaggio dalla unica lingua romana ai dialetti che furono dopo il 1000 parlati e scritti in Francia, in Italia, in Portogallo, in Ispagna? Quale fu la causa di un tale passaggio? Come e perchè si operò? L'esistenza di una tal lingua, ben dice il Fauriel, sarebbe un fenomeno senz'altri esempi nella storia; sarebbe anzi un vero miracolo che non si potrebbe mai arrivare a comprendere. Nò certo i documenti che il Raynouard cita a dimostrazione della sua tesi valgono a provarla vera; ma sono anzi essi medesimi prova della allucinazione intellettuale in cui si ostinò quel nobile ingegno. L'uniformità vista dal Raynouard esisteva, ma non era altro che l'uniformità del latino che si svolgeva, e dal quale contemporaneamente sgorgavano le lingue neo-latine, quasi come quattro rami di un fiume che escano dalla stessa sorgente. Della sua lingua romana primitiva nessuno, dopo di lui, ha saputo trovar traccia alcuna. Ma questo non toglie però che l'autore del Clioix despoésies des Troubadours non rendesse un grande servigio agli studi delle lingue neo-latine. Il metodo comparativo da lui adottato stabili scientificamente la fratellanza di queste lingue. Egli si è spesso ingannato, ma, come osserva giustamente il signor G. Paris, i suoi stessi errori sono stati utili, spingendo allo studio più profondo delle questioni poste da lui. Per il primo egli ebbe l'idea di abbracciare in una grammatica ed in un lessico l'insieme delle lingue romane; le ricerche ulteriori, fondandosi su questa base, arriveranno grado a grado allo scoprimento della verità (2).
Apriamo ora un volume di uno scrittore italiano del quattrocento. Noi ci troveremo un documento di grande importanza per la questione delle origini non solo della lingua italiana, ma di tutte le lingue romane. È una lettera di Leonardo Bruni di Arezzo a Flavio da Forli, che un modernissimo storico della letteratura latina chiama « per quella età, maravigliosa. » Rechiamola qui per intero, a compenso se non altro della troppo lunga dimenticanza nella quale tenemmo noi Italiani un documento nostro che la Germania intanto studiava e dottamente commentava.
Leonardus Flavio Foroliviensi.
Quaestionem an vulgus et lìterati eodem modo et idìomate Romae
locuti sint discuta.
Ne forsan tu aliter accipias quam ego, vel ego quam tu, placet ante omnia consti-tuere quid nobis in controversiam venit. Quaestio nostra in eo consistit, quod tu apud ve-teres unum eundemque fuisse sermonem omnium putas, nec alium vulgarem, nec alium literatum. Ego autem, ut nunc est etiam, sic tunc distinctam fuisse vulgarem linguam a literata existimo; pressius quoque si placet ista circumscribamus, ut certo tempore locoque diffiniantur. Nam qui apud veteres dicit nec tempus nec locum satis cer-tuin designai Sit igitur quaestio ut Romae per Terentii Poétae et M. Tullii tempora in vulgus ita loquebatur, ut loquuntur ii quos nunc latine literateque dicimus loqui; vel alius fuerit vnlgi sermo, alius literatorum. Tua quidem prima ac potissima ratio est, quod oratores in senatu, iudiciisque et concionibus latine orabant, quod non fe-cissent, nisi a cunctis intelligerentur. Praeterea Terentii, Plautique comoedia3 reci-tabantur ad populum ea ipsa lingua, qua scriptae sunt, idque signum esse ais quod
(1) «Il suppose que le latin s'altéra par son mélange réel ou prdtendu avec les langues germaniques, et cela dans toutes les provinces, juste au mème degré, de la méme manière, dans les mémcs choses, en un mot, que les résultats de l'altération furent partout rigoureusement identiques. » Fauriel, Origines de la Langue et de la Littérat. Ital., II, 300.
(2) I dubbi sul sistema di Raynouard non mancarono fino da quando egli pubblicò i suoi lavoii. Vedi un articolo dì Daunou nel Journal des Savants, 1823.