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Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

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a cura di Federico Adamoli

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   ORIGINI DELLA UNGI \ ITALIANA.
   '.)
   e de' forestieri idioti e senza lettere. « La cagione poi della mutazione in volgare del parlar latino non fu l'avvenimento in Italia de' Goti, de' Longobardi e degli altri barbari, attesoché molto prima s'era mutato e fu quasi sempre ; ma si la instabilità e la variabilità dell'umana volontà, cioè degli uomini che l'usavano. E per prova certissima del vero, ripigliam, non ci sia grave, quelle parole della colonna rostrata di Duilio, che da principio allegammo, ciò sono excmct, Iccioncs, macistra-los, cxfocionU pucnandod, cepct, enque, navcbos, Consol, primos, ornavct, olorom, altod, marid, triresmos, aurora, arccntom, captom, poplom, Cartacinicnsis. Incontro alle quali se porremo altrettante del medesimo significato e valore del tempo di Cicerone, cioè cxcmit, legioncs, magistratus, clfugiunt, pugnando, ccpit, et in, navibas, Consul, primus, ornavit, illorum, alto, mari, triremes, aurum, argentum, captum, populum, Carlaginiensis, si vede chiaramente che è più differente questo da quello, che il nostro volgare quasi non è; il quale, se noi vogliam dire il vero, da alcune voci barbaramente accresciute o sminuite di lettere o di sillabe, e da alcune altre, non molto però nuove, in fuori, non è differente per la maggior parte da quello antico (1). Anzi, se ben si mira, la lingua d'oggi è più simile assai e più vicina, e per corpi di parole e per accidenti, all'antica de' Romani, che non era quella del tempo di Cicerone; e questo credo io che avvenga, perciocché quell'antica era più propria e per dir così più connaturale agli uomini del Lazio e d'Italia, che non era quell'altra formata per lo più dall'arte del ben dire e coltivata dagli studiosi di essa, come è la latina che si parla oggi da' letterati..........Quindi
   è che essendo mancati coloro i quali coli'arte distrutta l'avevano , e la tenevano allontanata dalla naturai sua proprietà, ancorché ella sia stata mal concia, e poco men che stroppiata affatto da molti linguaggi di barbari e di Greci, ed ultimamente da quel de' Provenzali, non pertanto ella è pur rimasta viva insieme colla latina pura (2) ».
   Condoniamo al cinquecentista queste ultime parole; ma nel tempo stesso ammiriamo l'acume della sua mente che vide tre secoli indietro parte di quelle verità le quali oggi vanno chiaramente confermandosi e rischiarandosi al lume della moderna filologia. E seguitiamolo ancora per un momento. Ei non è dubbio alcuno (cosi continua lo scrittore senese) che se si togliessero via dalla nostra lingua gli articoli ne' nona e i finimenti o terminazioni di alcune parole diverse in parte da quelle della lingua degli antichi Romani, si vedrebbe per la maggior parte ne' corpi di esse parole esser la medesima che quella. E perchè gli esempi soglion fare apparare meglio le cose proposte, vogliamo che non ci incresca esemplificarlo, come ecco: le parole composta, rcposta e porgile appo Ennio e Virgilio, sono più vicine a composta e reposta e porgete della lingua volgare nostra, che a composita e re-posita e porrigite della romana. Similmente danunt appo Plauto e Nevio e Cecilio, e adiuto appo Lucrezio, sono più vicine a danno e aiuto che diciam noi, che a dant e adiuvo che dicevano i latini di poi. Cosi anco, senza nominar gli autori,, ebriacus, gratificare, pisare, tosus, colpa, satullare, temperatura, titio, valentia', coda, ca-ballus, fornum, fornarius, eoccludere, vostra, mia, mansus, versi, fructi, pei, contemplo, erano più simiglianti e vicine ad ebriaco, gratificare, pesare, toso, colpa, satollare, temperatura, Uzzo o tizzone, valentia, coda, cavallo, forno, fornaio, escludere, vostra, mia, manso, versi, frutti, fichi, contemplo, che non alla romana di poi che disse: ebrius, gratificarì, tundere, tonsus, culpa, saturare, temperies, tor-ris, fortitudo, cauda, cqitus, furnum, pistor, extra claudere, vestra, mea, mansue-tus, versus, fructus, fici, contemplor (3). . . . Non è adunque tanto lontana e strana dalla lingua volgare de' latini, se non pur dalla latina istessa, la volgare nostra, quanto alcuni si fanno a credere; anzi con ragione si può affermare che, dagli articoli e dalle passioni di alcune voci, e da alcune altre nuove ed avventiccie e fo-
   (1) Cap. XVII, pag. 60-61.
   (2) Pag. 62-63.
   (3) Cap, XVIII, pag. 63-64.
   bartoli. Letteratura italiana. 2