Stai consultando: 'Storia Letteraria d'Italia I primi due secoli', Adolfo Bartoli

   

Pagina (13/555)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (13/555)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia Letteraria d'Italia
I primi due secoli
Adolfo Bartoli
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 552

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   ORIGINI DELLA UNGI \ ITALIANA.
   '.)
   Notabilissime sono le parole di Quintiliano: « nani milii aliam quandam videtur lmbere naturain senuo vulgaris, aliam viri eloquenti» oratio » (1). Ma noi non vogliamo però accumulare qui inutilmente tutte le citazioni clie ci sarebbe pur facilissimo di raccogliere (2). L'esistenza del dialetto volgare parlato a Roma è un fatto di cui nessuno può piu dubitare, un fatto, scrive il Diez, cbe non abbisogna di esser pro\ato, perchè le prove sarebbero invece necessane per il suo contrario (3). Qui però una questione grave si presenterebbe : se la natura di questo volgare latino sia veramente stabilita con certezza dagli scrittori moderni. Secondo il Diez (4), esso volgare non sarebbe che l'uso della lingua comune trasportato presso le infime classi, ed avente per caratteri proprii una pronunzia trascurata, la tendenza a sottrarsi alle regole grammaticali, ed alcune espressioni, alcune frasi, alcune costruzioni particolari. Tutt' al più l'opposizione tra le due lingue, popolare e scritta, potrebbe ammettersi che si fosse mostrata più spiccatamente, quando la lingua scritta si immobilizzò, poco tempo prima della caduta dell'impero di occidente. Altri invece sembra voler dare alla distinzione tra i due dialetti molta maggiore importanza (5). E questi è specialmente lo Schuchardt (G). Vediamo quali sieno le sue conclusioni, valendoci del riassunto che del voluminoso lavoro del paziente tedesco fece il professore Tamagni (7). Lo Schuchardt ammettendo col Fuclis (8). ciò che del resto è naturalissimo, che nel territorio romano già ab antico si parlassero diversi idiomi, ma negando che le differenze tra il latino volgare ed il classico traessero origine dalle differenze degli ordini della cittadinanza, viene a concludere che ci doveva essere eziandio in Roma, come dappertutto, un divario tra il sermone quotidiano famigliare, e la lingua che uno adopera scrivendo o parlando al pubblico : e che se quel divario ne' primi secoli non poteva ancora dirsi totalmente idiomatico, •onteneva però in sè i germi e le cagioni della futura divisione del latino in due distinti dialetti. Perocché, dice egli, nel linguaggio le variazioni di una medesima forma stanno fra loro come il vecchio sta al nuovo, il primitivo al derivato, in una naturale attinenza di successione; si seguono, per parlar chiaro, in ordine cronologico. Ma siccome una lingua non si muta da un giorno all' altro, così le varie dizioni e forme devono necessariamente coesistere per un certo tempo, acciocché, mentre l'una va morendo, possa l'altra sorgere e prevalere. Ed in ciascuno di questi tempi la forma o la dizione volgare rappresenta sempre il periodo più recente, la nobile ed elevata invece il più antico. Codesta coesistenza accidentale di l'orme e dizioni diverse in una medesima favella diventa nel periodo letterario coesistenza di due diversi dialetti : ciò che era transitorio si fa stabile ; e quello che dapprima era un'antitesi dinamica, diventa una vera antitesi materiale. Nel quinto secolo di Roma, rfìhe fu l'ultimo di questo periodo, 1' alterazione della prisca latinità aveva fatto passi rapidissimi, essendo già entrata in quello stadio, quando le consonanti
   (1) Instit. Or., XII.
   (2) Ved. tra gli altri, la dotta introduzione al Saggio di vn Glossario Modenese del Conte Giovanni Galvani. — Modena, 1868.
   (3) Gramm. der Roman. Sprach., Einleitung.
   (4) 1. c.
   (5) Du Méril scrive: «Ce n'était pas l'idiome littéraire que les soldats et les colons romains portaient dans les provinces, mais un langage vnlgaire, ayant un vocabulaire special et des formes particulières ». (Formation de la langne Frane., 166); e cita il passo di Festo : «Latine loqui a Latio dictum est; quae locutio adeo est versa ut vix lilla pars ejus maneat in notitia ».
   (6) Ber Vokalismus des Yulgàrlateins, Leipzig, 1866.
   (7) Prima nel Politecnico, voi. VI, an. 1868; e poi nella sua Storia della Letteratura Latina. A noi sarebbe piaciuto entrare, su questo argomento importante e nuovo per l'Italia, in molte maggiori particolarità; ma dovemmo astenercene riflettendo che ci saremmo allontanati troppo dallo scopo del nostro lavoro. Forse ci si presenterà l'occasione di fare altrove quello non potemmo far qui.
   (8) È noto che il Fuchs nell'opera Die Romanisclien Sprachen in ihreni Verhàltnisst zvm Lateinischen diede un saggio della storia del latino volgare.