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CAI-ITOLO PRIMO.
linali si offuscano e cadono, e le vocali per commistione o per sincope mano mano si alleggeriscono e si distruggono. Sillatte novità non potevano però dirsi ancora compiute, chè anz» durava vivissima la lotta tra il vecchio ed il nuovo, quando, nel principiare del sesto secolo i fondatori della letteratura romana sopravvennero a fermarla, riacquistando alla lingua tutto ciò che non erasi interamente perduto. Fu quella come chi dicesse una reazione degli scrittori, e massime de' poeti, contro 1 primi attentati di una rivoluzione che accennava di volersi compiere nella lingua; fu la ristorazione di forme e di vocaboli che erano stati cacciati o si andavano perdendo. Con questo ragionamento lo Scliucliardt viene dunque a dimostrarci : 1°. che il sermo plebejus ed il sermo urbanus non nacquero già l'uno dall' altro, ma sono gemelli d'una madre più antica, che è la favella originale del popolo latino, la prisca latinitas; 2°. che pertanto il sermo plebejus nacque da un latino di forme più pure e piene, ma non dal sermo urbanus; e questo alla sua volta usci da un latino di forme volgari e rozze, ma non dal sermo plebejus ; 3.° che la prisca latinità si venne durante quei cinque secoli mutando in questo dialetto rozzo e volgare per l'opera concorde di due forze, le quali furono, la tendenza propria d'ogni lingua ad alterare co' suoni le forme, e colle forme le dizioni e la sintassi ; e la necessità che ebbero gli uomini in ogni tempo e luogo di accomodare il linguaggio agli atti ed agli usi diversi della vita ; 4°. che finalmente all'apparire de' primi grandi scrittori, e quando i Romani, accortisi del prossimo sfacimento dell'antica loro favella, corsero al riparo, cominciò allora a disegnarsi nettamente la separazione tra il dialetto del volgo che indefesso seguitava la sua strada, e la lingua nobile e classica, la quale nella grammatica e nella letteratura greca trovò l'ajuto che le bisognava, per salvare dalla corruzione i resti del vecchio e buon latino, e renderlo atto a produrre alla sua volta una letteratura ch'emulasse la greca. Tale è la genesi dei due idiomi che sul finire di questo periodo uscirono dal prisco latino. Vissuti insieme finché Roma non ebbe letteratura, si separarono quel giorno che ad una parte eletta del popolo romano non bastò più di avere comunque fosse un dialetto per parlare, ma senti il bisogno di possedere una lingua che si potesse scrivere, e che fosse abile a significare così le ispirazioni dell'arte come i veri della scienza. E la parte degli scrittori nella formazione della lingua latina fu più grande clie nelle altre, perchè là non si trattava solo di reggere o moderare il naturale andamento della lingua, ma quasi dissi, di fermarlo e di ricondurlo fin dove era possibile a ritroso verso le sue origini. Il che se non si fosse fatto o potuto fare, restituendo, per modo di esempio, le terminazioni de' casi che già si venivano perdendo, certo è che la sintassi latina sarebbesi mutata da cima a fondo, e che o i Romani non avrebbero avuto una letteratura, oppure Tacito e Giovenale avrebbero scritto non molto diversamente da Dante e Dino Compagni (1).
(1) D'altra opinione sembra il signor Littré (Hist. de la langue Frang., 1,36): « Une autre hypothèse a été de supposer que les langues romanes provenaient d'un certain latin ru-stique. Si par là on a voulu dire qu'au moment de la désorganisation ce fut la langue populaire qui prévalut, on a raison. Mais si l'on entend que le patois latin, qui se parlait sans doute dans les campagnes au temps d'Auguste et de ses successeurs, est plus parti-eulièrement l'origine du roman, c'est-à-dire que les mots bas-latins, tels que cupiditare, hominaticum, coraticum, étaient dans les patois, je crois qu' on est dans l'erreur. En général ces formes du bas-latin sont des formes qui allongent; par cela elles indiquent que les populations qui les avaient créées, et qui s'en servaient, avaient perdu le sens des formes plus courtes et plus analogiques qui étaient propres à la latinité. Or un patois n'a pas ce caractère, et il tient plus de l'archaì'sme que de toute autre chose, tandis que ces formes allongées sont néologiques, étant dictées par la nécessité d'assurer le sens des mots qui s'obscurcit. Ces conditions reportent donc le bas-latin non à des patois où les tendances auraient été plutót archa'iques, mais à la corruption qu'entraina le mélange des populations. » Si paragoni con Diez, Gramm., Einleit., Lateinische Benstand., 52.
È agevole intendere la gravità e la importanza della questione. Noi però non intendiamo cume il signor Littré parli di un momento di disorganizzazione, parendoc. che tutto ci