ORIGINI DELLA UNGI \ ITALIANA. '.)
Se i dotti non concordano ancora pienamente tra loro intorno alla natura del volgare latino, concordano però tutti nel ritenere derivate da esso le lingue romane. Provarsi oggi a dubitare di ciò, dopo i lavori di Du Méril, di Fauriel, di Littré, di Blanc, di Fuchs, di Diefenbacli, di Diez, sarebbe non altro che arrogante ignoranza. Però intorno al modo della derivazione non abbiamo ancora un sistema che sia scevro di dubbi. Fuchs, per esempio, sostiene quello della evoluzione, secondo il quale le lingue neo-latine dovrebbero considerarsi come il resultato della legge naturale di cambiamento, di sviluppo, di evoluzione. Le lingue romane non sarebbero già figlie del latino, ma anzi il latino stesso fatto adulto; poiché esaminandole attentamente si vede che hanno lo stesso genio e la costruzione medesima, solo ad un grado più avanzato di sviluppo. Se anche l'impero romano avesse continuato la propria vita simile in tutto a quella de'suoi tempi migliori, il latino si sarebbe nel modo stesso trasformato nelle lingue romane. Tale opinione ha trovato però forti oppositori; può dirsi anzi che sia oggi universalmente rigettata. Ma se non fu evoluzione, fu dunque corruzione ? È noto a tutti come per lungo tempo siasi creduto e sostenuto che le lìngue neolatine non fossero appunto altro che una barbara corruzione del latino. Nella lunga agonia dell'Impero, dicevasi, andò sempre diminuendo il numero dei dotti; i barbari presero il luogo dei Romani; l'educazione si trascurò, il linguaggio andò alterandosi. A poco a poco non si distinsero più i casi, si confuse il genere neutro col genere mascolino, i solecismi ed i barbarismi irruppero da ogni parte, e si ebbero così nuove lingue inferiori in tutto alla loro lingua madre. Oggi neppure la teoria della corruzione può essere ammessa. Infatti in queste lingue neolatine, che a primo aspetto sembrano tipi degradati, noi vediamo apparire uno degli elementi più preziosi per la precisione e per la chiarezza, che è l'articolo, che fu già chiamato con elegante verità dal Fauriel, una specie di gesto grammaticale, e che costituisce un perfezionamento reale sul latino. Così la coniugazione delle lingue romane è più ricca della coniugazione latina, avendo diviso in due il passato, ed avendo aggiunto il condizionale. Nè può essere considerata come decadenza la soppressione del genere neutro, poiché la stessa lingua latina aveva perduto il sentimento delle ragioni che in origine aveano fatto preferire per certi oggetti il neutro al mascolino (1). Non evoluzione sola adunque, nè sola corruzione; ma una qualche cosa dell'una e insieme dell'altra (2). Fino a che per cercare l'origine delle lingue romane non si ebbe ricorso che al latino scritto, al latino letterario, è certo che la questione rimaneva insolubile. Ma oggi essa assume un carattere affatto diverso. La lingua scritta per la sua propria natura non era capace di una produzione nuova, mentre la lingua popolare conteneva in sé stessa il germe e la capacità dello sviluppo che i tempi ed i nuovi bisogni resero necessario (3). Cosi le nuove lingue sorsero
conduca a supporre una serie continuata di tali momenti, che risalgono appunto ai tempi di Augusto o forse più indietro. Ci pare che abbia detto benissimo il signor P. Meyer: Le moment où une langue se forme n'existe pas, ou, pour mieux dire, sa condition est d'étre en perpétuelle formation. Nè con ciò vogliamo mettere in dubbio che ai tempi della dissoluzione dell'Impero non crescesse la intensità della disorganizzazione.
(1) Cf. Littré. op. cit. I, 105.
(2) Le passage du latin aux langues romanes, scrive il signor P. Meyer (Biblioth. de l'École des Charles, Ser. V, t. 4°), est une évolution naturelle et spontanée, mais entachée de corruption ; il est arrivé au latin ce que l'on voit se produire dans l'histoire de tous Ics idiomes, à savoir que peu à peu le peuple a perdu le sentiment de la langue et lui a fait subir des modifications illogiques.
(3) Cf. Diez, Gramm., Enleit. —
Ci sia permesso anche qui di citare le parole del signor Meyer: « Cette littérature tout artistlque a fixé la langue écrite, mais sans pouvoir l'empècher d'obéir, dans la bouche du peupie, à la loi universelle du mouvement, si bien que, après plusieurs siècles, quand le changement des conditions politiques eut permis à l'idiome vulgaire de se produire lui
aussi par l'écriture, un écart considérable s'était formé entre les deux idiomes____l'idiome
écrit ne vivait que par la tradition... l'idiome parlé, au contraire, n'avait point de passé, aucun scrupule philologique ne venait entraver sa marche naturelle. » Ivi.