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CAPITOLO PRIMO.
Se cosi si scriveva, chi vorrebbe credere che si parlasse latino? (1) E se non si parlava latino, quale altra lingua potevasi parlare fuori dell' italiano, di un italiano latineggiante, che non era ancora per certo la lingua nuova, ma non era più neppure l'antica? Questo italiano che si parlò dal settimo secolo, probabilmente, fino all'undecimo o duodecimo, era, se cosi possiamo esprimerci, una lingua novella sotto spoglie vecchie, cioè conservava tanto del latino ne' vocaboli da non potersi chiamare ancora italiano; ed aveva già tanto dell'italiano nella sintassi e ne' vocaboli stessi, da non poterlo più chiamare latino. Saremmo quasi tentati di dire che la strana lingua de' giuramenti durò per noi molti secoli, modificandosi lentamente, così lentamente che il periodo di formazione abbraccia quasi seicento anni. Ed ecco la lingua dell'uso comune, la lingua volgare parlata del secolo Vili, IX e X della quale non possono certo darci un'immagine esatta i documenti scritti, ina che pure da quei documenti possiamo indurre quale fosse (2).
Gonzone, un italiano stimato per la sua dottrina, è chiamato nel OfiO in Germania da Ottone I. Si ferma al monastero di San Gallo, e quivi parlando latino coi frati, mette un accusativo dove la grammatica voleva un dativo, onde n' è deriso così, ch'egli crede dovere scrivere a propria difesa una lettera. E in questa lettera dice: « falso putavit S. Galli monacus me rernotum a scientia graminaticae artis, iicet aliquando retarder usu nostrae vulgaris linguae, quae latinitati vicina est » (3). Testimonianza più esplicita di questa mal potrebbe desiderarsi. Nè è sola. Vitichindo attesta che Ottone I sapeva parlare questa lingua d'Italia:
« Romana lingua, sclavonicaque loqui sciebat, sed rarum est, quod earum uti dignaretur » (4).
E l'epitaffio di Gregorio V, morto nel 099, diceva :
Usus francisca, vulgari et voce latina instituit populos eloquio triplici (5).
Ma perchè dunque non troveremo noi che tanto più tardi un documento che si possa dire schiettamente italiano? 0, in altre parole, perchè la lotta tra il romano volgare e il latino classico durò tanti secoli fra noi, a differenza della Francia? Che cosa c' era dunque in Italia, quali speciali condizioni esistevano qui perchè lo svolgersi della lingua popolare romana fosse nelle scritture cosi tardo, e perchè, quindi, tanto sforzo occorresse ad uscire dall'involucro latino? C'era, risponderemo sommariamente, questo fatto capitalissimo, che il latino si considerava in Italia come in casa sua propria; che il latino era per gli Italiani lingua nazionale, e per conseguenza erasi come abbarbicato non all'uso soltanto, ma al sentimento degli Ita-
(1) Le forme della deelinazione latina erano allatto dimenticate fino dai secoli VII e Vili; e giustamente scrive il Fauriel (op. cit., II. 415) che Ano da questi seeoli tout autorise à penser que il existait à eet égard, en Italie, une sorte de convention grammatieale eon-sacrée par l'usage général, convention en vertu de laquelle on dépouillait, les noms latins des désinences qui en marquaient les cas, pour les réduire autant que possible à une ter-minaison uniforme et constante ».
(2) Si veda più giù il Canto per l'imprigionamento di Lodovieo II, del seeolo IX; e si leggano queste parole del XII, « Ineipiendo da li Finaudi et reetc vadit per Serram Saneti Viti; et la Serra ad hirta esce per dieta Serra Groinieo; eli fonti aqua trondente inverso Torilliana, e esce per diete fonte a lo Vallone de Ursara; e lo Vallone Apendino cala a lo forno, et per dieta flumaria adhirto, ferit a lo Vallone de li Caniteli; et predieto Vallone adhirto esee sopra la Serra de li Palumbe a la crista custa; et deinde vadit a lo vado drieto da Thomente; et dieta Ecclesia Saneto Andrea abe ortare unum et non aliud. Et dieta Serra Apendino eala a lo Vallone de Donna Leo; et lo Vallone Apendino ferit alla riva chc vene ad Santo Jorio, et volta supra l'ara de li Meracini, et ferit a la Ginnara de li Lathoni ecc. » In Muratori, Antiquit. Ital. 31. E., II, 1017.
(3) Marténe,Veter. scrip. ampi. Collectio. I.. 293. — Rgynouard, Choix, I, \IV. — Fauriel, Les oriqincs eee. II, 399. — Diez, Gramm., Einleitung, 78.
(4) Cf. Diez, 1. c,
(5) Ivi.