Stai consultando: 'Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI ', U.A. Canello

   

Pagina (15/343)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (15/343)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   LA VITA POLITICA ITALIANA DEL CINQUECENTO. Il
   razioni francesi, che s'identificavano negli effetti colle aspirazioni degli Italiani alla loro indipendenza. La paco di Crup)' (1514) e poi quella di Castcl-Cambrusis (1559) indicarono alla Francia qual dovesse essere ormai per lungo tempo il modesto suo compito. Travagliata da dissensioni interiori religiose, sociali, dinastiche, ci fu un momento (1590-91) in cui essa fu a un punto di diventare, per opera dei eattolic fanatici, uno stato vassallo di Spagna, una provincia della grande monarchia cattolica universale, vagheggiata da Filippo II e dal suo arabast atorc Mendossa, e favorita per zelo religioso da papa Gregorio XIV. Solo alla line del secolo, Enrico IV, r staurata l'un' à naz >nale, può seriamente riproporr il grandioso ideale d'umiliare Austria e Spagna, e di rimettere la Francia alla testa d'Europa. Secondo il suo disegno, Venezia avrebbe dovuto arricchirs di Sicilia: Na-pc i, tolta agli Spagnoli, doveva darsi al papa ; uua repubblica centrale si sarebbe costiti ta del paese che sta fra Bologna e Genova; e il Piemonte, che appunto in questo tempo per opera di Emmanuel Filiberto s' era fatto decisamente stato italiano, avrebbe acquistato Lombardia, assurgendo a d grità di regno. Era questo, come ù vede, t vecchio ideale dei Guelfi ita ani, l'ideale della ind >endenza, corretto dalle aspirai .or/, e dal movimento unitario, svoltici durante il grande i mescolìo politico della prima metà del cinquecento.
   Ciò che era fallito alla Francia, riuscì invece alla Spagna, collegata coll'im* pero germanico. »
   A prima gxunta, può parere strano effetto d'un caso questo cospirare di Spagna e dell'Impero, dinasticamente riuniti, nell'acquisto del dominio e della supremazia d'Italia. Eppure la loro unione dinastica, e quel collimare dei loro interessi rispetto all ltalia, che determinò l'unione stessa, erano stati pre arati di lunga mano da cause che visibilmente s' erano venute accumulando fino dal secolo decimoterzo,
   olla fine dogli Svevi, l'impero german. jo rinunciava quasi del tutto ad ogni influenza politica in Italia, e lasciava senza capo e senza dire *one il grosso partito nazionale de' Ghibellini. Ma Costanza, 1' ultima crede degli Svcvi, sposando Pietro III d'Aragona, gli portava in dote le aspiiazioni italiane della sua casa: a etro d Aragona, nfatti, venia recato 1 guanto di sfida che il gio ine Corra-dino dal palco avea gettato tra la folla (12(37): e all'Aragonese si rivolgeva, come a capo e difensore naturale, la S cilia ribellante al don nio de' Guel angioini (1282). ja vecchia e naturale antitesi fra Tedeschi e Francesi avea fatto di quest ultimi i naturali sostenitori di parte guelfa ini Italia, per ciò solo che il par to ghibellino avea il suo sostegno nell'impero tedesco: e 1' opposi Dne, già vecchia anch' essa, tra Francia ed Aragona, ravvivata ora per la questione italiana, fece sì che, per forza di cose, l'Aragonese, n odio a Francesi e ai Guelfi, diventasse capo del partito ghibellino, e si trovasse di necessità nello stesso ordine di tendenze in cui era stato 1 raperò tedesco.
   L'Aragona veniva rapidamente allargando la sua influenza in Italia : nel 1323 essa toglie Sardegna a Fisa ormai decaduta; e nel 1409 s unisce più saldamente con Sicilia, che dal 1303 in poi aveva avuto re proprii, pur della casa aragonese. Alfonso V, approfittando dell' anarchia del regno di Napol sotto Giovanna II, riunisco per più anni (1435-1458) in regno forte e glorioso Aragona, Sicilia e Napoli. Ben è vero che, dopo la sua morte, Sici la e Aragona vanno al fratello Giovanni, mentre al fig] 3 Ferdinando tocca solo il regno napoletano. Ma intanto gli Aragonesi aveano gustato le dolcezze del nuovo dominio, intanto una serie di larghi interessi s'era stabL'ta fra i,due regni già uniti. E ciò che più monta, gli Aragones. sono ormai nel centro d'Italia, sono a Roma coi Borgia, con Callisto III (1455-1458), che prepara le vie d'Alessandro VI. Dopo ciò, la conquista del regno di Napoli per opera d Ferdinando il cattolico non può più parere il risultato di un inibizione del momento, un fatto improvvisato : il terreno era di lunga mano preparato ad accogliere i nuovi e *nori.